N. 97 SENTENZA 12 LUGLIO 1979 Deposito in cancelleria: 1 agosto 1979. Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 217 dell'8 agosto 1979. Pres. AMADEI - Rel. VOLTERRA LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici, ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 284 del codice civile, modificato dall'art. 125 della legge 19 maggio 1975 n. 151, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 17 dicembre 1976 dal Tribunale per i minorenni di Firenze sul ricorso proposto da Ceramelli Papiani Raffaele ed altro, iscritta al n. 330 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 258 del 21 settembre 1977; 2) ordinanza emessa il 23 gennaio 1978 dal tribunale per i minorenni di Roma, sul ricorso proposto da Caltagirone Francesco ed altra, iscritta al n. 294 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 257 del 13 settembre 1978; 3) ordinanza emessa il 6 aprile 1978 dal tribunale per i minorenni di Napoli sul ricorso proposto da B. L. ed altro, iscritta al n. 382 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 del 25 ottobre 1978. Udito nella camera di consiglio del 19 aprile 1979 il Giudice relatore Edoardo Volterra. Ritenuto in fatto: 1. - Nel corso di un procedimento per legittimazione giudiziale promosso da Raffaele Ceramelli Papiani, il tribunale per i minorenni di Firenze, con ordinanza emessa il 17 dicembre 1976, sollevava di ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 284 cod. civ., così come modificato dall'art. 125 della legge 19 maggio 1975, n. 151, in riferimento all'art. 30, terzo comma, della Costituzione. Il giudice a quo premette che in generale la norma denunziata non lede i diritti dei membri della famiglia legittima, perché ha riguardo, nel caso che il genitore sia coniugato e non separato, non solo all'interesse del figlio naturale legittimando, ma anche a quello dello sposo del richiedente e degli eventuali altri figli, con il prevedere la necessità dell'assenso dell'unito in matrimonio ed il parere dei figli legittimi o legittimati ultrasedicenni. In tal modo, sarebbe rimessa al giudice la valutazione della compatibiiità della posizione della famiglia legittima, in relazione all'introduzione nella stessa di un altro figlio. Il dubbio di legittimità costituzionale sorge tuttavia quando, essendo il genitore richiedente legalmente separato e privo di figli ultrasedicenni (come nella specie accade), l'art.284 cod. civ. ha di mira soltanto agli interessi del figlio legittimando, non prevedendo né l'assenso del coniuge separato né il parere degli altri figli, per pervenire alla dichiarazione giudiziale di legittimazione. In questo caso, non palesandosi necessaria alcuna valutazione dei diritti dei membri della famiglia legittima, la disposizione denunziata parrebbe contrastare con l'articolo 30, terzo comma, della Costituzione. 2. - Simile (ma più ampia) questione di legittimità costituzionale dell'art. 284 cod. civ., ha sollevato il tribunale per i minorenni di Roma, con ordinanza emessa il 23 gennaio 1978, nel ricorso per legittimazione giudiziale proposto da Francesco Caltagirone. Ritiene, infatti, il tribunale che l'art. 284 cod. civ., nel suo complesso, non tenga affatto conto dei diritti dei membri della famiglia legittima e che anzi pretermetta questi diritti a tutela degli interessi del legittimando. Rileva che i diritti incomprimibili della famiglia legittima sarebbero quelli personali che discendono dall'appartenenza ad un unico nucleo stabile basato sul matrimonio e cioè sull'impegno assunto dai coniugi di reciproca fedeltà, di comune assistenza ed educazione nei confronti dei figli, nonché quello dell'esclusività dello status di figlio legittimo in un solo nucleo familiare. Pertanto rimettere al singolo coniuge e con unico riguardo agli interessi del legittimando la possibilità di far sorgere un altro coevo nucleo legittimo, con differenza rispetto al semplice riconoscimento del figlio naturale, sia per quanto riguarda gli effetti reciproci tra genitori e figli (cfr. art. 578 u.c. cod. civ.), sia per quanto riguarda la creazione di un rapporto familiare che si estende a tutti i membri della famiglia legittima, parrebbe in contrasto oltre che con l'art. 30, terzo comma, Cost., anche con il principio di unità familiare (art. 29) e con il principio di ragionevolezza. Quanto a quest'ultimo, infatti, mentre per l'introduzione nel nucleo familiare del figlio naturale riconosciuto è prevista (art. 252 cod. civ.) l'autorizzazione del giudice ed il consenso dei figli legittimi nonché del coniuge, nulla in tal senso è richiesto dall'art. 284 cod. civ. 3. - Questione analoga a quella proposta dal tribunale di Firenze, ha sollevato il tribunale per i minorenni di Napoli, con ordinanza emessa il 6 aprile 1978 sul ricorso per legittimazione proposto da L. B.. Al dubbio manifestato dai giudici fiorentini, il tribunale aggiunge anche quello della violazione del principio d'eguaglianza non ravvisando, ai fini della tutela della famiglia legittima, alcuna apprezzabile differenza di trattamento tra coniuge non separato e coniuge separato, tra figlio ultrasedicenne e figlio infrasedicenne, differenze dalle quali invece la norma denunziata fa discendere la necessità dell'assenso del coniuge e dell'audizione dei figli legittimi o legittimati. 4. - Le ordinanze sono state regolarmente comunicate, notificate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Nessuno s'è costituito dinanzi alla Corte costituzionale. Considerato in diritto: 1. - I tre giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza, stante che sollevano analoghe e in parte connesse questioni di legittimità costituzionale in ordine a medesime norme. 2. - Le questioni sollevate dalle ordinanze di rimessione in ordine alla legittimità costituzionale dell'art. 284 del codice civile così come modificato dall'art. 125 della legge 19 maggio 1975, n. 151, possono riassumersi come segue: a) In riferimento agli artt. 3,29 e 30, terzo comma, della Costituzione, l'art. 284 del codice civile viene denunziato dal tribunale dei minorenni di Roma nella parte in cui consente la legittimazione per provvedimento del giudice del figlio naturale concepito in costanza di matrimonio da colui che sia ancora unito in matrimonio con persona diversa dal genitore naturale. Osserva infatti il giudice a quo che non sembra ammissibile la contemporanea esistenza di più nuclei familiari legittimi, il primo fondato sul matrimonio e gli altri, aggiunge il medesimo giudice, "che potrebbero formarsi con la legittimazione per provvedimento del giudice dei figli concepiti fuori del matrimonio, ma in costanza del matrimonio stesso". Dopo aver affermato che "non sembra che la legislazione vigente garantisca a sufficienza, in tema di legittimazione, i diritti della famiglia legittima" di cui all'art. 30, terzo comma, della Costituzione, ricorda che in precedenti sentenze il medesimo tribunale aveva ritenuto che la mera esistenza di un vincolo matrimoniale rimovibile per divorzio non può integrare l'impossibilità ed il gravissimo ostacolo richiesto dal n. 2 dell'art. 284 codice civile per pronunziare giudizialmente la legittimazione del figlio naturale, che essendo state tali decisioni riformate in sede di appello ed avendo altri tribunali dei minorenni giudicato che in questi casi la legittimazione può essere concessa, ritiene opportuno sottoporre la questione alla Corte costituzionale. Rilevato che il comma terzo dell'art. 30 della Costituzione riserva ai figli illegittimi un trattamento uguale a quello dei legittimi qualora dall'equiparazione non derivi una lesione a diritti dei membri della famiglia legittima, facendo nello stesso tempo salva una prevalenza del nucleo familiare di cui all'art. 29 della Costituzione, il giudice reputa necessario identificare i diritti incomprimibili dei membri della famiglia legittima che, in quanto tali, il legislatore ordinario non può "intaccare". Questi diritti, secondo il tribunale romano, sarebbero "quelli personali che discendono dall'appartenenza ad un nucleo stabile basato sul matrimonio e cioè sull'impegno assunto dai coniugi di reciproca fedeltà, di mutua assistenza, di costante collaborazione e di comune assistenza ed educazione nei confronti dei figli" nonché "quello dell'esclusività dello status di figlio legittimo, indicativo dell'appartenenza a quel nucleo legittimo che non può, finché non è dissolto, non essere unico". Un siffatto diritto sarebbe compromesso dalla legittimazione di un figlio naturale specie se concepito in costanza di matrimonio "e quindi quando esisteva poteva esistere una unica famiglia legittima". Di conseguenza ritiene che il citato art. 284 cod. civ. sia viziato di incostituzionalità non soltanto in quanto, qualora il coniuge del richiedente la legittimazione di un figlio naturale sia legalmente separato, non prevede l'obbligo di compiere accertamenti in ordine alla compatibilità della legittimazione con i diritti dei membri della famiglia legittima, ma anche in quanto richiede soltanto l'assenso, valutabile liberamente dal giudice agli effetti della concessione, e non il consenso del coniuge non separato del richiedente. Secondo il medesimo giudice, sarebbe pericoloso "rimettere al singolo la decisione di far sorgere una seconda famiglia legittima accanto e contemporaneamente alla "prima" e, a differenza di quanto prescritto per il riconoscimento del figlio naturale, avendo riguardo ai soli interessi del legittimando. Ai dubbi già prospettati di incostituzionalità dell'art. 284, aggiunge anche quello concernente la disposizione dell'ultimo comma che fa obbligo al presidente del tribunale di ascoltare i figli legittimi o legittimati se di età superiore a sedici anni. Tale disposizione non sarebbe aderente al dettato costituzionale in quanto terrebbe conto dei soli interessi del legittimando e non di quelli dei membri della famiglia legittima. Non sarebbe inoltre razionale la diversità della disciplina prevista nell'art. 252 del codice civile per l'introduzione di un figlio naturale nella famiglia legittima e quella prevista invece per la legittimazione per provvedimento del giudice in costanza di matrimonio del genitore e in presenza di altri figli legittimi o legittimati, tanto più in quanto la legittimazione avrebbe l'effetto di introdurre senz'altro il figlio naturale nella famiglia legittima. Questa diversità di disciplina sarebbe tanto più irrazionale in quanto mentre il riconoscimento crea solo un rapporto personale fra il genitore e il figlio naturale, la legittimazione crea invece un rapporto familiare che si estende anche agli altri membri della famiglia del richiedente la legittimazione. b) Il tribunale dei minorenni di Firenze denunzia l'incostituzionalità dell'art. 284 in riferimento all'art. 30, comma terzo, della Costituzione in quanto concede al giudice di dichiarare la legittimazione di un figlio naturale di un genitore separato dal coniuge e i cui figli legittimi e legittimati non abbiano raggiunto i sedici anni di età senza richiedere il consenso del coniuge e il parere degli altri figli. Questa facoltà attribuita al giudice avrebbe di mira soltanto l'interesse del legittimando prescindendo da ogni valutazione dei diritti dei membri della famiglia legittima. c) Analoga questione di incostituzionalità è sollevata dal tribunale dei minorenni di Napoli, il quale al dubbio prospettato dal tribunale di Firenze, aggiunge anche quello della violazione del principio di uguaglianza, non ravvisando giustificata, ai fini della tutela dei diritti dei membri della famiglia legittima, la differenza di trattamento fra coniuge non separato e coniuge separato, fra figli maggiori e figli minori di sedici anni, differenze dalle quali la norma denunziata fa dipendere la necessità dell'assenso del coniuge e dell'audizione dei figli legittimi e legittimati. 3. - Le questioni di costituzionalità dell'art. 284 cod. civ. proposte dalle ordinanze in epigrafe non sono fondate. Occorre considerare che, come risulta dai lavori preparatori e come riconosciuto dalla prevalente dottrina, la Costituzione ha sotto il titolo II (rapporti etico-sociali) enunciato negli artt. 29 e 30 i principi e i presupposti sui quali si fonda l'istituto giuridico della famiglia e ha individuato i doveri e i diritti dei genitori e dei figli, attribuendo al legislatore ordinario il compito di regolare con apposite normative gli istituti famigliari e i reciproci rapporti fra genitori e figli nel rigoroso rispetto dei principi sanciti in tali articoli. Pertanto la Corte nella sent. n. 237 del 1974, dichiarando la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 284, n. 2 cod. civ. nel testo originario, ha precisato che "il legislatore può, ovviamente, dare nuova strutturazione e nuova disciplina all'istituto della legittimazione sempreché siano rispettati i principi sanciti nell'art. 30 della Costituzione". Una nuova disciplina è stata introdotta con la legge 19 maggio 1975, n. 151, che ha modificato l'art. 284 cod. civ. Occorre pertanto verificare se la normativa stabilita nel nuovo testo sia aderente ai principi e alle direttive enunciate negli artt. 29 e 30 della Costituzione o se, invece, come denunziano le ordinanze in epigrafe, non sia a questi conforme. Il problema, nei termini in cui viene proposto nel presente giudizio, importa la valutazione se l'art. 284 nella sua nuova formulazione tuteli nei limiti costituzionali gli interessi dei legittimandi e quelli dei figli legittimi e legittimati. Per tale valutazione e per l'esame delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici a quibus occorre tener presente: a) Che, contrariamente a quanto mostra di ritenere il tribunale dei minorenni di Roma, la legittimazione per provvedimento del giudice di un figlio nato fuori del matrimonio non crea affatto una nuova famiglia legittima che coesisterebbe accanto a quella basata sul matrimonio, ma ha il solo ed esclusivo effetto di attribuire al nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo (art. 280 cod. civ.). Non sussiste pertanto e non può giuridicamente sussistere il pericolo denunziato dai giudici romani che attraverso la legittimazione possa verificarsi l'esistenza contemporanea di più famiglie. b) Che la condizione di figlio legittimo non crea uno stato giuridico assoluto ed esclusivo né tutte le situazioni giuridiche di vantaggio e di svantaggio che esso fa sorgere sono immutabili nel loro contenuto, nella loro estensione e durata. I diritti soggettivi connessi a questo stato sono specificamente indicati in vari articoli del codice civile. Fra questi il 147 che pone a carico dei genitori speciali obblighi nei confronti dei figli per una durata di tempo variabile secondo le specifiche circostanze del caso concreto, il 433 e seguenti che stabilisce diritti ed obblighi fra figli legittimi ed altri parenti, il 252 che per l'eventuale inserimento nella famiglia legittima di un figlio naturale, riconosciuto da uno dei genitori durante il matrimonio di questo con persona diversa dall'altro genitore, prevede, insieme con la richiesta del consenso dell'altro coniuge anche quella del consenso dei soli figli legittimi ultrasedicenni conviventi con il genitore che opera il riconoscimento, (diritto quindi che viene meno con la cessazione della convivenza), gli artt 537 e 566 e seguenti, i quali attribuiscono ai figli legittimi diritti successori che si realizzeranno solo al momento dell'apertura della successione determinando nel frattempo una situazione di aspettativa di mero fatto. Non vi è invece quello che il tribunale dei minorenni di Roma indica come "fondamentale tra i diritti" del figlio legittimo, cioè "l'esclusività" di tale status "indicativo dell'appartenenza a quel nucleo legittimo che non puo, finché non sia dissolto, non essere unico". È infatti in palese contrasto col sistema previsto dalla Costituzione la concezione che il figlio legittimo, in quanto tale, abbia il potere di impedire che altri possa assumere il medesimo stato e che la famiglia legittima cui egli appartiene non possa, indipendentemente dalla sua volontà, modificarsi nella sua consistenza e nel numero dei suoi membri con l'introduzione di altri figli legittimi aventi il suo stesso stato e i diritti che tale stato comporta. Questa situazione può infatti verificarsi sia attraverso la nascita di altri figli legittimi dagli stessi genitori, sia, dopo lo scioglimento del matrimonio di questi per morte di uno dei coniugi, per annullamento o divorzio, attraverso la nascita di altri figli legittimi da un successivo matrimonio del suo genitore con persona diversa dal precedente coniuge (matrimonio per la costituzione del quale si prescinde giuridicamente dalla volontà dei precedenti figli legittimi e legittimati), sia attraverso la legittimazione di figli naturali per susseguente matrimonio di uno dei genitori del figlio legittimo o legittimato, legittimazione che, ai sensi degli artt. 280-283 e del n. 2 dell'art. 284, appare un diritto dei genitori del legittimando, dipendente dalla loro volontà. Le variazioni attraverso queste introduzioni di altri figli legittimi nel nucleo familiare cui il figlio legittimo appartiene per nascita da genitori uniti in matrimonio, non solo avvengono indipendentemente dalla sua volontà - e anche contro di essa -, ma hanno la conseguenza, oltre che di modificare le sue eventuali aspettative patrimoniali e successorie, anche di far sorgere nei suoi confronti, sempre indipendentemente dalla sua volontà, una serie di rapporti e vincoli di parentela con altri individui entrati a far parte della famiglia legittima e i relativi diritti o obblighi a questi rapporti e vincoli connessi. Pertanto, nel valutare l'estensione del principio proclamato dalla Costituzione nel comma terzo dell'art. 30 ("la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale") e il limite posto a questa tutela, che cioè essa deve essere "compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima", è chiaro che fra questi diritti non può ritenersi compreso quello che il giudice a quo ritiene invece esistere a favore dei figli legittimi, di poter escludere che altri esseri umani acquistino il medesimo stato di figli legittimi dello stesso genitore con i diritti e i doveri a questo stato inerenti. Nello stesso tempo è però innegabile che esiste un interesse non solo privato dei membri della famiglia, ma anche pubblico in quanto connesso alla conservazione dell'ordine e della pace sociale, che l'unità e l'armonia di un nucleo famigliare legittimo e la sua stessa esistenza non vengano turbati e sconvolti da atti quale, in particolari situazioni, può essere la legittimazione di un figlio nato da persona diversa dal coniuge legittimo fuori del matrimonio mentre questo perdura, atti i quali possano, fra l'altro, costituire offesa al coniuge legittimo e favorire giuridicamente un comportamento moralmente riprovevole e contrario all'unità della famiglia. In questa visuale vanno considerati sia il diritto dei genitori naturali e l'interesse di essi e del figlio naturale ad ottenere, attraverso la legittimazione, l'attribuzione a questo ultimo dei diritti e dei doveri inerenti alla qualità di figlio legittimo sia, d'altra parte, l'esigenza di salvaguardare in determinate circostanze valutabili singolarmente sul piano pratico, l'esistenza e l'unità di una famiglia legittima. Il legislatore, rispetto alla legittimazione dei figli naturali, ha assolto il compito demandatogli dalla Costituzione di realizzare la compatibilità della duplice esigenza di assicurare ogni tutela giuridica e sociale ai figli nati fuori del matrimonio e di non menomare la posizione giuridica dei membri della famiglia legittima, con la normativa della legge 19 maggio 1975, n. 151, riconoscendo ai genitori il diritto di legittimare per susseguente matrimonio il figlio naturale e, solo nel caso in cui vi sia per il genitore l'impossibilità o un gravissimo ostacolo ad operare questa legittimazione, affidando con l'art. 284 del cod. civ. alla cauta discrezionalità del giudice la valutazione obbiettiva della compatibilità o della incompatibilità di fronte a situazioni volta a volta mutevoli e che nella realtà pratica possono essere profondamente differenziate fra loro. Questa norma che attribuisce al giudice il potere, in coerenza con quelli previsti in altri articoli del medesimo codice, come, ad esempio, il 151, il 155, il 252, di concedere con suo provvedimento la legittimazione di figli nati fuori del matrimonio, appare corrispondere ai principi e dettati costituzionali con l'osservanza dei limiti da questi imposti. La condizione posta nel primo comma che la legittimazione può essere concessa dal giudice solo se corrisponda agli interessi del figlio e quella prevista nel n. 4 è conforme ai principi proclamati nel primo e nel terzo comma dell'art. 30 della Costituzione. Le condizioni prescritte nel n. 3 e nell'ultimo comma dell'assenso del coniuge non separato del genitore richiedente la legittimazione e la audizione obbligatoria dei figli ultrasedicenni di questo vincolano il giudice a compiere una valutazione consapevole della situazione della famiglia legittima e nell'interesse di questa, in base alla quale fare luogo o meno alla richiesta concessione. Non sono pertanto fondate le eccezioni delle ordinanze in epigrafe che l'articolo contempli esclusivamente l'interesse del legittimando e non osservi i limiti indicati dal Costituente nel terzo comma dell'art. 30. Razionale è la norma del n. 3 dell'art. 284 che richiede l'assenso del coniuge solo quando questo non sia separato. Con la separazione pronunziata dal giudice viene meno l'interesse del coniuge ad evitare la concessione da parte del giudice della legittimazione, concessione peraltro che è sempre affidata alla discrezionalità del magistrato che dovrà in ogni caso tener conto sia dell'interesse del legittimando sia dell'interesse e dei diritti di coloro che sono già membri della famiglia legittima. Altrettanto razionale appare anche la disposizione di cui all'ultimo comma che in presenza di figli legittimi o legittimati fa obbligo al presidente del tribunale di ascoltare i figli di età superiore ai sedici anni. Questi infatti sono in grado di scienza propria consapevolmente, con la prevedibile esclusione del pericolo che possano essere condizionati o sottoposti a pressioni o persuasioni da parte di altri interessati, di fornire il quadro della situazione famigliare al magistrato che deve decidere in merito alla richiesta concessione della legittimazione. Le condizioni tassativamente stabilite dal legislatore nell'art. 284 senza l'osservanza delle quali il giudice non può emanare il provvedimento di legittimazione non escludono d'altra parte che il giudice nella sua discrezionalità possa assumere le informazioni che ritenga opportune, disporre l'audizione anche del coniuge separato e dei figli infrasedicenni, come di qualunque altra persona che riterrà utile per accertare l'effettiva situazione di fatto, disporre perizie, acquisire documenti e quanto altro allo scopo di conoscere tutte le circostanze e le situazioni oggettive e possa decidere in merito alla richiesta legittimazione compatibilmente agli interessi del legittimando e dei suoi genitori e agli interessi dei membri della famiglia legittima in conformità ai principi enunciati nell'art. 30 della Costituzione ed alla loro applicazione nella specie. Non sussiste pertanto la denunziata violazione del principio di uguaglianza. Comunque nel codice civile sono previsti rimedi contro la concessa legittimazione attraverso le azioni esperibili dopo la legittimazione di cui all'art. 289 cod. civ. e l'impugnazione, non soggetta a prescrizione, del riconoscimento anche successivamente alla legittimazione. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 284 del codice civile come modificato dall'art. 125 della legge 19 maggio 1975, n. 151, sollevate dalle ordinanze in epigrafe in riferimento agli artt. 3, 29 e 30 della Costituzione. Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1979. F.to: LEONETTO AMADEI - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI. GIOVANNI VITALE - Cancelliere