EDITTO PER LA FORMAZIONE DEGLI STATI DI TOSCANA

 

 

Proemio

 

Da che piacque alla Divina Provvidenza il permettere che noi ascendessimo alla Sovranità del Granducato di Toscana abbiamo sempre riguardato come nostro principale dovere il fare sperimentare ai nostri amatissimi sudditi un governo, che sotto l’osservanza della Santa Religione Cattolica e colla guida di una cristiana morale assicurasse loro la possibile umana felicità nell’onesto esercizio della libertà civile e nel sicuro e pacifico godimento delle loro sostanze, della loro reputazione e di tutti i leciti mezzi atti a provvedere ai bisogni della vita: ed a questo unico fine sono state costantemente dirette tutte le nostre sollecitudini e pensieri.

Appena assunti al trono volgemmo gli occhi sulla originaria fondazione del Governo di Toscana e quindi sulle vicende della sua legislazione e con aborrimento vedemmo che la infelicità dei tempi e le turbolenze fra le quali fu stabilito il trono dell’estinta famiglia de’ Medici, era sorto un governo senza veruna legge fondamentale ed intieramente arbitrario ed ingiusto, perché fondato sulla violenza e non sul consenso de’ popoli che soli possono legittimare l’istituzione; e che all’istesso Governo conforme era disceso poi il sistema delle regie finanze e l’amministrazione dei pubblici interessi. L’uno e l’altra violenta ed oppressiva nella sostanza, nei modi e nelle conseguenze tendenti tutti a depauperare le provincie, e coprire di mistero gli affari e, quel che è peggio, illanguidire negli uomini e spegnere ogni senso di libertà e di amore per il proprio paese. Un tale aspetto di cose che mostrava l’infelicità del trono e la misera condizione dei popoli non poteva tollerarsi nell’animo nostro con indifferenza, essendo noi intimamente persuasi che non può felicemente sussistere uno stato, né giustamente governarsi senza una legge primitiva e fondamentale, solennemente accettata dalla nazione medesima, che investa il Sovrano di legittima autorità e ne limiti l’uso e l’esercizio e determini tra esso e i sudditi la reciproca azione e i rispettivi diritti, riservando al pubblico o sia al capo della nazione legittimamente rappresentata quelle facoltà alle quali anche volendo non può ella renunziare, che sono di rappresentare liberamente e proporre quanto può convenire al pubblico bene e rigettare tutto ciò che ad esso recherebbe nocumento, e rilasciando al Sovrano la somma podestà esecutiva.

Su queste massime di giustizia da noi sinceramente adottate fu scopo delle nostre costanti applicazioni e premure il preparare a poco a poco gli animi dei Toscani, i quali per tanti anni assuefatti al giogo di un’obbrobriosa legislazione non ne sentivano più il peso e la vergogna, né avrebbero potuto gustare i pregi di un sistema del tutto nuovo ed opposto, né prestarsi ad accoglierlo come benefico e grazioso.

A tale effetto abbiamo procurato di sciogliere il commercio dai legami di una soggezione ingiuriosa all’esercizio della lecita industria ed alla libertà delle contrattazioni e di risvegliare fra i nostri sudditi l’idea degli interessi pubblici e lo zelo del bene comune che erano oggetti dimenticati o ignoti. Per la qual cosa abbiamo interamente aboliti gli stabilimenti di Abbondanza e di Grascia con tutte le loro leggi e sistemi, giacché coll’esperienza li abbiamo trovati illusori e stabiliti a danno non solo di quell’istesso popolo, cui promettevano in apparenza di dar soccorso, ma dell’agricoltura medesima, che è la principale sorgente delle ricerche pubbliche. Abbiamo abolito l’appalto generale delle regalie e proventi regi e successivamente tutte le altre privative ed appalti subalterni con tutte le tasse che si esigevano sopra la vendita del vino e sopra le locande e alloggi, avendole riconosciute come un impedimento all’industria e principio di vessazione.

Abbiamo abolito le maggior parte delle bandite e riserve di caccia e dei privilegi e privative di pesca. Abbiamo moderata la gabella dei contratti e condonati i debiti arretrati davanti alle nostre casse. Abbiamo, per quanto è stato possibile, ridotte all’uniformità le distinzioni e varietà di metodi nelle amministrazioni pubbliche dei diversi luoghi dello stato che si governano con leggi e regole non solo differenti, ma talora anco opposte tra loro e spesso vicendevolmente nocive. Abbiamo riformato le gabelle ed aggravi sopra i generi circolanti per l’interno dello stato e favorita l’estrazione dal medesimo delle manifatture, grasce, produzioni e bestiame, onde in questa libertà e facilità d’estrazioni una nuova sorgente di profitti potesse nascere a beneficio comune. Con i nuovi regolamenti comunitativi abbiamo stabilita nella comunità della Toscana una nuova forma di Amministrazione civica confidata allo zelo degli stessi comunisti, ed all’autorità dei voti delle magistrature composte di individui tutti interessati negli affetti risultanti dalle loro libere ed indipendenti risoluzioni e nell’istesso tempo abbiamo assicurato alle comunità medesime l’esecuzione perpetua delle imposizioni arbitrarie del Chiesto annuale, come anche delle comandate personali sotto qualunque titolo e delle tasse di testatici di famiglia e di bestie, mediante l’aver fissata una discreta tassa di redenzione invariabile, oltre l’aver condonati molti dei loro debiti arretrati e fatti esattamente pagare i loro crediti creati con esse dal governo nei tempi addietro. Parimenti, con le mire predette, abbiamo fatto consegnare alla libera amministrazione degli interessati nelle operazioni intorno ai fiumi la direzione e l’economia delle loro diverse aziende, che in abbondanza mostruosa esistevano sotto titolo d’imposizione di fiumi e respettivamente fossi e scoli particolari, liberandole dalla dependenza della Camera delle Comunità di Firenze, e dall’Ufficio de’ Fossi in Pisa, come dall’ufficio de’ fiumi e strade in Pistoia, giacché la ragione e l’esperienza ci ha persuasi interamente quanto pernicioso o inutile sia l’esercizio dell’autorità suprema nel governo degl’interessi dei particolari.

Dopo tali provvedimenti e molti altri consecutivi e subalterni che scendono dagli stessi principi tutti tendenti ed eccitare nel cuore umano sentimenti di onesta libertà civile, costumi di applicazione e premura per il pubblico bene, vogliamo sperare che sia giunto finalmente il tempo da noi tanto desiderato per mettere in esecuzione il sistema già meditato creando opportunamente, come per il presente atto intendiamo di creare, una costituzione fondamentale da osservarsi indistintamente in tutta l’estensione della Toscana come legge di convenzione e come fondazione di quella forma di governo che con le nostre originali facoltà e con piena cognizione dell’importanza di tale risoluzione intendiamo e vogliamo stabilire e conservare per noi e per i nostri successori.

Con i sopraindicati sentimenti dell’animo nostro intendiamo adesso di restituire a tutti i sudditi del nostro Granducato di Toscana la loro piena libertà naturale per intervenire liberamente ad accettare e celebrare il presente atto in tutte le sue parti, nonostante tutto ciò che direttamente od indirettamente potesse addursi in contrario in vigor delle loro obbligazioni stipulate e promesse fatte per mezzo di altri atti o consensi tanto taciti che espressi, e così generali come particolari e benché autenticati dalle più solenni formalità di pubbliche o notorie funzioni: poiché renunziamo ad ogni diritto acquistato con tali mezzi e dichiariamo che né i viventi nostri sudditi, né i loro autori potevano mai essere spogliati, né essi spogliarsi legittimamente di quelle facoltà delle quali nacquero già investiti dalla natura nella società politica o sia nello stato che fu la loro patria.

Quindi in ordine a quanto sopra intendiamo di riassumere ne’ suoi veri e giusti limiti soltanto la potestà governativa per noi e per i nostri successori e di conferire all’intiero corpo de’ nostri sudditi le loro originali e libere facoltà d’intervenire validamente e con ogni legittimo diritto mediante il loro voto pubblico a tutti gli atti del governo e di legislazione, né quali l’universale dello stato deve avere il principale interesse ed esserne lo scopo primario.

E considerando la sovranità come rappresentata in Toscana dalla persona del Granduca ed esercitata mediante gli atti della di lui volontà, la quale non può giustamente essere diretta ad altri oggetti di benefizio comune, ad esso con i suoi popoli abbiamo risoluto che l’universale del Granducato venga diviso in varie provincie e rappresentato da un corpo di persone liberamente elette e deputate dalle provincie medesime col voto delle comunità in esse rispettivamente comprese, cosicché la voce del pubblico e la volontà del sovrano concordino le più utili risoluzioni per formare un sano e giusto governo senza che l’una possa esser valida contraddicente all’altra, ma ambedue si contengano nei limiti che vengono prescritti dalla seguente costituzione.

 

COSTITUZIONE

 

Art. 14 – Primieramente non potrà variarsi in modo alcuno l’ordine di successione alla sovranità del Granducato devoluta alla nostra descendenza secondo che attualmente si trova stabilito.

Art. 15 – Tutti i successori al trono di Toscana dovranno ratificare intieramente il presente atto alla presenza del corpo rappresentante lo Stato e giurare l’osservanza della presente costituzione, o legge fondamentale con quanto sia relativo o connesso alla medesima prima di potere essere riconosciuti come Sovrani.

Art. 16 – L’autorità sovrana riceve il più giusto titolo della sua legittimità dalli benefizi che procura agli stati confidatigli e dalla giusta soddisfazione dei sudditi, che hanno diritto ad un buon governo, e perciò i limiti dell’autorità medesima devono essere determinati dalli oggetti principali che abbracciano la sicurezza universale, la costanza delle massime fondamentali, e la tranquillità dei popoli nel pacifico godimento delli loro beni, industria e nell’onesto esercizio della libertà e facoltà degli individui.

Art. 17 – Così per determinare l’autorità del Sovrano in Toscana adeguatamente alle qualità e circostanze del Paese non meno che all’indole nazionale intendiamo di prescrivere i limiti nelli principali oggetti mediante le seguenti disposizioni; sicché in tutte le materie comprese nelle medesime non potrà il Sovrano agire né fare innovazione alcuna senza il consenso dello stato, cioè dei rappresentanti il pubblico nel voto dell’universale.

Art. 18 – Non potrà farsi per qualunque titolo o motivo, smembramento alcuno, alienazione, baratto o permuta di qualunque dell’attuale Dominio di Toscana, né su quelle o parte del medesimo, ammettere, ricevere o stipulare ipoteca o gravame di qualunque sorte, né per il titolo di dote, appannaggio o stabilimento di principi della casa, e fatto dovrà aversi per nullo, illecito et invalido a tutti gli effetti.

Art. 19 – Non potrà alterarsi in modo alcuno il presente stato di neutralità generalmente nel Granducato di Toscana, né dichiarare o fare la guerra con alcuna potenza e così neppure prendere parte, interesse, o favore tanto direttamente che indirettamente nelle ostilità o nelle guerre altrui, come parimenti trattare né concludere alleanze, soccorsi attivi né passivi in denari, roba, o truppe sotto verun titolo.

Art. 20 – Parimente sotto verun titolo non potranno fabbricarsi fortezze, né accrescere quelle già esistenti, né accettare o far venire truppe forestiere ancorché a spese proprie del Sovrano e senza aggravio delle casse destinate a supplire alle spese dello Stato, neppure potranno mandarsi fuori di Toscana truppe nazionali, né per motivo o pretesto alcuno aumentare anche per breve tempo il piede o numero delle truppe di ogni sorta, oltre al loro piede attuale.

Art. 21 – Similmente non possa alterarsi il piede stabilito delle truppe civiche e neppure i loro regolamenti et ordinazioni attualmente veglianti.

Art. 22 – Non possono alterarsi i nuovi regolamenti veglianti delle comunità, luoghi pii et altri simili patrimoni comunitativi e specialmente dove lasciano alle comunità medesime la libera amministrazione delle loro entrate ed uscite e la facoltà di distribuire ed esigere le imposizioni comunitative indipendentemente da ogni altra autorità o approvazione come pure dove aboliscono le comandate di uomini, o di bestie, e le tasse in forma di testatico e simili, e dove per mezzo delli suddetti regolamenti o altri ordini successivi relativi alli medesimi, viene stabilito l’attuale sistema vegliante circa alle strade regie ed a quelle comunitative.

Art. 23 – Dovrà in simile modo restare invariabile in tutte le sue parti il sistema di ampia libertà privilegiata introdotto nelle Maremme e Provincia inferiore dello Stato di Siena mediante i Regolamenti comunitativi ed altre ordinazioni dirette a stabilirvi il sistema predetto.

Art. 24 – Non si possa variare in parte alcuna, né per legge, né di fatto l’attuale sistema della città e porto di Livorno, e specialmente dove concerne la franchigia del porto ed i privilegi accordati alle Nazioni, le regole di sanità e la legge di neutralità.

Art. 25 – Si conservi il vegliante metodo e forma dei giudizi tanto civili che criminali senza alterazione e tanto nella capitale che nelle provincie come pure il regolamento e compartimento dei governi provinciali e loro tribunali, che non potranno aumentarsi di numero né moltiplicare i loro impiegati di qualsivoglia carattere.

Art. 26 – E nelli giudizi civili non potrà intervenire l’autorità sovrana in qualunque maniera, ma dovrà unicamente procedersi a tenore delle leggi senza eccettuazione alcuna, poiché riconosciamo che la grazia fatta in questa materia ad una parte sarebbe sempre gravosa o dispiacevole all’altra.

Art. 27 – Come pure nelle cause criminali e nel giudizio dei delitti e nella condanna dei rei non dovrà intervenire in alcun modo l’autorità predetta, ma dovranno puramente e con sana e costante intelligenza osservarsi le leggi e secondo quelle, ordinare i processi e pronunziare le sentenze senza allontanarsi dallo stile tanto nel modo di procedere, che di sentenziare, dove sia diretto a moderare le pene imposte o alleggerire i patimenti e gli aggravi delle processure; poiché la sicurezza personale dei sudditi negli stati di Toscana non deve essere esposta in modo alcuno a veruno atto di arbitrio, ma protetta dall’autorità e soggetta unicamente alle leggi dirette a conservarla in benefizio universale mediante le punizioni di chi l’offende con i delitti.

Art. 28. (Soppresso, e provvisto alle disposizioni di questo articolo e delle annotazioni marginali, con regolamenti particolari...).

Art. 29 – Non potranno crearsi nuovi feudi o costituirne di più a quelli già esistenti nel territorio di Toscana e tutti quelli che ricadranno non si potranno più costituire in feudo.

Art. 30 – E come siamo persuasi che sia un dovere di onestà del sovrano l’amministrare le rendite pubbliche con tutta rettitudine e senza promiscurare, e molto meno erogare le rendite e pecunie dello Stato con quelle di propria ragione personale. Così avremo fatta formare con piena nostra cognizione una nota, che distingue l’entrate ed assegnamenti attuali dello Stato da quelle destinate al mantenimento e persona del Sovrano sotto il titolo respettivamente di Conto Regio e conto della Corona, tale quale sarà, pubblicata contemporaneamente alla presente costituzione classata nei titoli indicati per dimostrare i capi delle rendite e li articoli di servizio, e di erogazione cui i rispettivi assegnamenti sono dedicati.

Art. 30 1/2 – Quindi in ordine ai sentimenti sinceri di giustizia fondamentale che hanno determinato l’animo nostro al presente atto, dichiariamo che quanto ragionevolmente il Sovrano non sarà tenuto a render conto alcuno dell’erogazione di quelle rendite e pecunie, che vengono assegnate al di lui particolare servizio ed occorrenza della sua dignità; tant’è giusto, che le rendite pertinenti ad oggetti di servizio del pubblico, di mantenimento e di spesa dello Stato, cadono sotto l’esame del corpo rappresentante l’universale dello Stato, il quale possa riconoscere, che sia stata usata tutta la buona economia nell’amministrazione dell’erario Pubblico, e preparati tutti i mezzi e disposizioni conducenti ad alleggerire, o diminuire le imposizioni sopra alli sudditi, come abbiamo procurato di fare sino al presente, mediante le molte riprove date alla nostra paterna premura in questa materia.

Art. 30 3/4 – Ma sarà solamente soggetta al suddetto rendimento di conto la nota delle rendite e spese della Corona, quando per supplire intieramente alli articoli di suo carico fosse stato in alcuna porzione fatto uso del denaro e assegnamento di pertinenza del Conto Regio o sia dello Stato.

Art. 31 – In ordine alla suddetta nota e classazione non potranno mai variarsi li titoli delle medesime né accrescersi sotto verun titolo il conto delle entrate personali, o siano della Corona, né caricarsene o voltarsene sotto verun titolo qualunque spesa sul titolo e nota di quelle regie, o sia dello stato, né mai aumentarsi l’importare delle pensioni gravate sul conto dello stato dal piede presente, né quelle che venissero a vacare concedersi ad altri, poiché dichiariamo che l’importare attuale delle pensioni suddette ci affligge, ed è veramente gravoso, ma le abbiamo riguardate come inevitabili nei molti casi delle riforme che nella totale mutazione del sistema del governo sono state fatte, le quali hanno necessitato tali pensioni per non rovinare molte persone e famiglie degne di tale soccorso.

Art. 32Con la norma della suddetta nota che ogni anno sarà pubblicata per dimostrare il corso e lo Stato d’Amministrazione dell’Erario pubblico nell’annata, il Sovrano renderà conto all’Assemblea Generale, come corpo rappresentante l’universale dello stato del precetto, come dello speso ed erogato e così anche dell’avanzato o arretrato sotto i respettivi titoli, acciò mediante tutte le notizie, informazioni, discarichi, schiarimenti e giustificazioni, che il corpo predetto richiedesse, possa risolvere e dichiarare se l’amministrazione economica dello Stato sia soddisfacente al corpo che rappresenterà, oppure promuovere quelle ulteriori istanze e deliberazioni che giudicasse opportune ad un miglior impiego delle rendite pubbliche.

Art. 33 – Non potranno promiscurarsi le rendite e spese delle suddette due distinzioni o conti, anzi dovrà sempre rendersene conto separatamente, ed in forma di confronto tra i titoli di assegnamento ed i titoli di erogazione.

Art. 34 – (Soppresso e sostituito il n. 30 3/4).

Art. 35 – Non potrà farsi alienazione veruna del patrimonio della Corona e neppure di quello regio, né in tutto né in parte senza equivalente rinvestimento in fondi cauti e sicuri, salvo da questa disposizione il continuare l’allivellazione e vendita dei beni stabili non destinati al servizio ed uso della Corte, poiché in questa parte la detta allivellazione ed alienazione dei beni stabili si dovrà compiere sul piede, e norma già intrapresa, essendo stata nostra principale intenzione in tale operazione il promuovere la prosperità della campagna, mediante lo stabilimento di famiglia rurale libera dalla dipendenza colonica, opposta all’avanzamento dell’industria e della popolazione.

Art. 36 – Dovrà conservarsi sul piede attuale e secondo che viene regolato dalla vegliante legislazione il sistema delle imposizioni e gravezze pubbliche di conto regio, e la percezione delle medesime, senza alterarne la sostanza, né la forma, e quelle esistenti non si potranno aumentare, né imporne delle nuove, né di fatto esigerle sotto qualunque titolo ed in qualunque modo ancorché straordinariamente e per una sola volta, o per qualche particolare urgenza.

Art. 37 – Dichiarando specialmente che neppure per rimborso di spese fatte in opere di servizio pubblico e beneficio universale, si sia dello stato intiero, come di alcun luogo di esso, possa mai farsi, o esigersi alcuna nuova imposizione, tassa o contribuzione o aumento delle veglianti.

Art. 38 – Non sarà lecito in modo alcuno il vendere, dare in appalto effettivo o misto, le esazioni delle gabelle, tasse o imposizioni regie dedicate alli bisogni dello stato, né sotto nome di affitti, locazioni, o altro di simile condizione, né a finanzieri, impresari, tanto personalmente che rappresentati da compagnie o società di simile natura, salvo sempre il disposto dalli regolamenti comunitativi e loro dipendenza, che non devono aversi per violati mai in tutto quanto viene stabilito e regolato in tutto il presente atto. Come pure non sarà lecito il costituire o creare alcuna privativa perpetua o temporaria, né sopra qualunque escogitabile ed anche nuovo ramo articolo di commercio, o di qualunque manifattura concedere privilegio alcuno esclusivo nemmeno a beneficio e profitto del pubblico erario, poiché per principio fondamentale deve essere conservata illesa la piena libertà di ogni lecita industria nelle negoziazioni mercantili di ogni specie, e di ogni classe intese nella loro maggiore estensione sopra a tutto ciò che possono comprendere, o abbracciare purché non nocivo alli interessi dello stato.

Art. 39 – E parimenti non potrà limitarsi, ristringersi o sottoporsi a qualunque nuova dependenza, vincolo, o ispezione di governo l’attuale libertà nelle negoziazioni, estrazioni e manipolazioni dei generi annonari già compresi nella giurisdizione delli soppressi Tribunali di Grascia e Abbondanza con qualunque titolo e per qualunque occasione, ancorché urgente o semplicemente temporanea o breve.

Art. 39 1/4 – Non sarà in facoltà del Sovrano il creare debiti pubblici di sorta alcuna, né con l’istituzione di luoghi di monte, o altro simile stabilimento, e neppure autorizzare il giro di cedole, o carte di credito, o ammettere o prescrivere altro simile stabilimento, che renda lo Stato, o il corpo dei sudditi in qualunque modo obbligato o debitore verso chiunque, tanto nel suo totale, come nelle comunità e territori che lo compongono.

Art. 40 – Mediante le sopraespresse disposizioni relative alli articoli principali quivi indicati intendiamo di avere limitato l’esercizio della autorità sovrana al consenso e voto del corpo rappresentante l’universale dello stato, senza del quale non potrà avere luogo veruna ordinazione direttamente, o indirettamente contraria alle disposizioni predette, e fatta sia nulla e invalida benché pubblicata con ordini, rescritti ed editto del Sovrano, né sia lecito a veruno il darli esecuzione, ma ottenuto il suddetto consenso per mezzo del voto predetto, ogni risoluzione avrà la sua piena e legittima validità nel carattere di volontà universale, e concorde fra il Sovrano, ed i sudditi la quale dovrà essere espressa nelli editti medesimi, perché siano obbligatori in queste materie.

Art. 41 – Come prerogative e oggetti di libera autorità sovrana sieno e per tali si abbino i seguenti relativamente alli quali intesi in senso sano e senza vulnerazione delle limitazioni sopraindicate ogni ordinazione del sovrano autenticamente palesata sarà legittima e dovrà avere esecuzione senza esame, o bisogno di altro consenso o voto, cioè:

Art. 42 – Il supremo comando delle armi.

Art. 43 – L’elezione delli ufficiali militari secondo i regolamenti sopraindicati.

Art. 44 – L’elezione delli giudici, tanto per i tribunali civili che criminali e di tutti gli altri ministri ed inservienti alli tribunali medesimi.

Art. 45 – L’elezione di tutti i ministeri nei dipartimenti supremi di stato, Giustizia, Milizia, e Finanze e di tutti gli altri impiegati et inservienti nelli dipartimenti medesimi o da essi dipendenti e tanto residenti in Toscana come alle corti estere o nelli porti di mare.

Art. 46 – Parimente l’elezioni di tutti i capi d’uffizio, direttori o amministratori delle aziende Regie o della Corona, con tutti gli impiegati loro subalterni o inservienti, salvo sempre quanto appartiene alla comunità secondo i regolamenti comunitativi ed altri ordini emanati in aumento o interpretazione dei medesimi.

Art. 47 – La grazia delle punizioni, che e la più grata prerogativa della sovranità, viene sempre riservata alla libera volontà del Granduca e perciò da qualunque sentenza condannatoria per qualunque delitto potrà assolvere totalmente, o graziare parzialmente da qualunque pena imposta mediante l’autentica manifestazione della sua volontà la quale dovrà sempre avere piena esecuzione.

Art. 48 – La nomina a tutti gli arcivescovadi o vescovadi dello stato come pure la collazione di tutti i benefizi di patronato regio, o spettanti al patrimonio della corona con l’esercizio di tutti i diritti che sono della natura di tali azioni, e così anche tutto ciò, che possa cadere ed intendersi sotto nome di giurisdizione, o diritto regio per la conservazione delle sue prerogative ed autorità contro ogni pretenzione o fatto di Podestà ecclesiastica, come secolare. Ogni diritto di autorità di regolare e governare le università di studio et accademie di scienze destinate all’istruzione pubblica. Parimenti la libera collazione delli gradi onorifici di nobiltà e cittadinanza non solo devoluta per prove secondo le leggi veglianti, come anche per pura concessione sovrana.

Art. 49Il libero esercizio di tutti i diritti, autorità e godimenti del gran-maestro dell’ordine di S. Stefano secondo che dallo Stato e dalle provvisioni e riforme posteriori ne viene investito ed a tenore delli regolamenti fatti per il governo del patrimonio dell’ordine medesimo tanto nell’economico, quanto nel giurisdizionale.

Art. 50 – E generalmente tutte le facoltà di provvedere, regolare, moderare o determinare in tutte le materie suddette di prerogativa sovrana, secondo i principi di buon governo, da intendersi sempre a termini di tutto ciò che potesse aver luogo senza ledere la sostanza nella forma delle materie limitate a risolversi e governarsi col voto del corpo rappresentante lo stato.

Art. 51 – Passando quindi a costituire e creare il corpo della pubblica rappresentanza nell’universale del Granducato, come lo abbiamo indicato sopra, con tutte le prerogative, autorità, potestà ed attività opportune a farne le funzioni et adempiere lo scopo della sua istituzione intendiamo di prevalerci delle nostre legittime facoltà e specialmente di soddisfare alla nostra permazione dalla quale siamo convinti che in un buon Governo il Sovrano non può avere miglior consiglio di quello, che nasce dal voto del pubblico, né pienamente giusto può essere un governo senza che la libera volontà dei sudditi intervenga palesemente a chiedere proporre ed ottenere ciò che gli giovi, ed a regittare, o riprovare ciò che può nuocere.

Art. 51 1/2 – A rappresentare, o pronunziare i voti pubblici abbiamo quindi determinato che il voto d’ogni comunità per mezzo dei suoi consigli generali pubblicamente tenuti pervenga allo scrutinio di adunanze provinciali, le quali sieno formate di tante persone elette dalla respettive comunità destinate a formare le respettive provincie e che tali adunanze provinciali di poi vengono scelti ed eletti altrettanti rappresentanti, i quali infine portino ad un’assemblea generale, rappresentanti lo stato intiero di Toscana, i voti raccolti nelle Provincie, onde, dopo i convenienti esami, e discussioni, il voto dell’Assemblea Generale sia tenuto e riguardato in carattere di voto decisivo del pubblico a tutti gli effetti.

Art. 52Così determiniamo, che i corpi predetti di pubblica rappresentanza nelle loro rispettive incombenze e pertinenze contengono et abbiano, come per il presente atto intendiamo di conferire, ed in quanto occorra restituire loro, quanta, autorità, facoltà, ragione e diritto naturale o legale possa aversi o presumersi in tutti gli ordini ceti e gradi di persone di qualunque stato e condizioni facenti la somma di tutti i sudditi del Granducato, che sono e per i tempi saranno governati sotto le condizioni della presente costituzione.

Art. 53 – In questo carattere devono adesso riguardarsi i corpi predetti ed aversi per determinati i limiti all’esercizio delle loro facoltà come appresso:

Art. 54 – Non potranno conoscere, né votare in tutte le materie riservate alla libera autorità del Sovrano secondo la determinazione e limitazione fatta di sopra, ma occorendo potranno e dovranno supplicare e rappresentare i danni che in qualche caso potessero sovrastare, o esser stati inseriti all’universale o a qualche parte dello stato e i suoi sudditi con gli ordini dati dal sovrano o male eseguiti anche in quelle materie puramente riservate alla sua autorità.

Art. 55 – In tutte le materie poiché vengono indicate di sopra come articoli fondamentali da non potersi alterare, o risolversi validamente senza il consenso, o voto pubblico, dovranno i respettivi componenti dei corpi predetti applicarsi seriamente ed imparzialmente per formare voti degni della soddisfazione pubblica, e di quella fede che dovranno alle loro elezioni, avendo sempre in mira i doveri del loro onorevole incarico, che li aveva destinati a difendere rispettivamente i diritti della comunità, delle provincie e dello stato intiero a procurare e promuovere i vantaggi loro parziali generali ed impedire i danni ed aggravi, che in qualunque forma e per qualunque mezzo potessero essere inseriti contro la presente costituzione.

Art. 55 1/2 – Dovranno parimenti considerare e riguardare se stessi, come legittimi consiglieri del Sovrano per suggerire al medesimo, addurre, proporre, dimostrare, e chiedere tutto ciò che reputeranno congruo e confaciente alle mire di un buon Governo ed alla possibile felicità umana a vantaggio dei sudditi, loro concittadini.

Art. 56 – Con questo spirito di candore e rettitudine sarà principale dovere dei componenti i corpi predetti il proporre, o domandare al Sovrano l’emanaziane di nuove buone leggi, o la riforma, abolizione, correzione o modificazione delle veglianti, o della forma della loro amministrazione in tutto, o in quelle parti che fossero nocive, o non utili allo stato o a qualche parte di esso in qualunque materia di Governo intesa nella sua maggiore estensione, praticando quella onorata libertà, premura e franchezza, che deve loro inspirare lo zelo di buon cittadino senza riguardi personali, e così potranno essere sicuri di rendersi grati al Sovrano stesso per mezzo di tale loro plausibile contegno, il quale potrà giovare ad illuminare con le verità necessarie a conoscersi in ogni resoluzione interessante il pubblico.

Art. 57 – Parimente i rispettivi rappresentanti e votanti nei corpi predetti dovranno occuparsi di esaminare e conoscere se tali o simili variazioni di legislazione, che verranno esposte per parte del Sovrano alla consultazione e voto del respettivo corpo convengono al fine di quel vero bene pubblico cui saranno dirette e votate consecutivamente per l’approvazione, moderazione, ampliazione, o negazione.

Art. 58 – Nell’istesso modo l’assemblea generale dovrà occuparsi ad esaminare i conti dell’erario pubblico, e riconoscere la percezione dell’antrate e l’erogazione di esse nelle spese, lo stato del debito pubblico, e tutto ciò insomma che si comprende nei termini di amministrazione, o Azienda economica dello stato con tutta la facoltà, e diritto, di chiedere notizie, schiarimenti, dettagli, o discarico qualunque regolare e giusto dell’amministrazione accaduta nell’annata al dipartimento regio delle Finanze, dal quale non potrà negarsi alcuna simile richiesta, acciò l’assemblea predetta possa proporre tutte quelle moderazioni, correzioni, ed economie, che crederà vantaggiose.

Art. 59Anche proporre al sovrano le pensioni di ricompensa, o sussidio alli benemeriti nel servizio dell’impieghi pubblici ed il dare l’approvazione o dissenso a quelle, che venissero per parte del Sovrano esposte al voto del Corpo dell’Assemblea generale rappresentante lo stato deve essere un oggetto di ponderazione e di resoluzione descendente dal vero zelo dei votanti, che deve guidare tutte le pubbliche risoluzioni.

Art. 60 – Una simile premura ed uno zelo uguale devono animare i corpi suddetti per riparare alle deviazioni del commercio, che insorgessero, o che prudentemente fossero da temersi sempre che con l’opera del Governo e con le sue disposizioni fosse da prevedersi.

Art. 61 – Alli errori e alli abusi, che il tempo induce nell’amministrazione della giustizia come dell’economia pubblica, devono i capi predetti aver cura che, mediante le loro deliberazioni, venga rimediato, eccitando la volontà del Sovrano ad unirsi nelle risoluzioni più efficaci per liberare i sudditi dalli gravi disordini che ne nascono a danno di tutti, quando l’errore o l’abuso diventa costume.

Art. 62 – I votanti nelli corpi rispettivi dovranno riguardare come uno scopo essenziale della rappresentazione l’illuminare il Sovrano col più saldo coraggio quando nei rispettivi casi fosse stato fatto, o tentato contro l’interesse pubblico, o contro la sicurezza e quiete dei popoli, poiché tali atti di zelo sono la testimonianza del più affettuoso omaggio, che i sudditi possono rendere alla sovranità, così che a questo importante oggetto non si opponga né alcuna privata passione né quel timido inopportuno silenzio, che offende la volontà suprema, ostentando di rispettarla.

Art. 63 – E generalmente contemplando tutto ciò che il bene dello stato richieda secondo le contingenze non si dovrà mai avere per escluso dai limiti delle facoltà delle quali abbiamo investito il complesso dei sudditi nei corpi predetti oggetto alcuno influente nella pratica di un governo, giusto imparziale, o giovevole a tutti li onesti godimenti nella società.

Art. 64 – Animati così i suddetti corpi rappresentanti con le qualità e facoltà attribuite loro come sopra dovranno esercitare le loro funzioni con la norma e regole che verranno prescritte dalle ordinazioni, che saranno pubblicate contemporaneamente alla presente costituzione della quale dovranno essere considerate a tutti li effetti come parte integrale e sostanziale, e così aversi a tenersi per un atto solo continuato, e non interrotto quantunque per semplice comodo di operazione materiale ne sia distintamente fatta la pubblicazione e tutto quanto viene disposto, stabilito e prescritto in tutto il presente atto dovrà intendersi ed applicarsi in puro e sano senso, ma puramente letterale e congruamente riferito e non sarà lecita ne valida interpretazione di sorta alcuna a qualunque potestà o autorità anche suprema né potrà avere luogo né validità, altro che fatta espressamente per mezzo di deliberazione concorde, tra il Sovrano ed il voto pubblico da ottenersi per mezzo dell’assemblea generale instituita come sopra.

 

 

 

 

 

FONTE:

A. Aquarone, M. D’Addio e G. Negri, Le Costituzioni italiane, Edizioni Comunità, Milano 1958.



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