Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0042 del 1972 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di inammissibilità per vizi di carattere processuale
Pronuncia: Pronuncia di rigetto
Disposizione oggetto: codice penale art.570:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.25 comma 2:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.29 comma 2:
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (spazio impregiudicato dalla norma parametro)

N. 42
SENTENZA 24 FEBBRAIO 1972

Deposito in cancelleria: 3 marzo 1972.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 65 dell'8 marzo 1972.
Pres. CHIARELLI - Rel. MORTATI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Presidente - Prof.
MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ -
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO -
Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI -
Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO
CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 570,
primo comma, del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 23 febbraio 1970 dal pretore di Forlì nel
procedimento penale a carico di Serra Duilio, iscritta al n. 278 del
registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 267 del 21 ottobre 1970;
2) ordinanza emessa il 10 luglio 1970 dal pretore di Rogliano nel
procedimento penale a carico di Perri Concetta, iscritta al n. 319 del
registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 299 del 25 novembre 1970;
3) ordinanza emessa il 31 ottobre 1970 dal pretore di Borgo a
Mozzano nel procedimento penale a carico di Maggenti Santino, iscritta
al n. 66 del registro ordinanze 1971 e puhblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971.
Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1972 il Giudice
relatore Costantino Mortati.

Ritenuto in fatto:

1. - Nel corso del procedimento penale avanti il pretore di Forlì
contro Serra Duilio, la difesa dell'imputato ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell'art. 570, codice penale, nella parte
in cui stabilisce la perseguibilità d'ufficio del reato di violazione
degli obblighi di assistenza familiare, in riferimento all'art. 29
della Costituzione, ed il pretore l'ha rimessa a questa Corte con
l'ordinanza in data 23 febbraio 1970, nella quale richiama l'istanza
della parte privata senza svolgere una vera e propria motivazione e
senza spiegare perché sia stata disattesa l'eccezione d'irrilevanza
sollevata dalla parte civile, la quale aveva segnalato che nella specie
la querela era stata comunque proposta.
L'ordinanza è stata regolamente notificata, comunicata e
pubblicata, ma nessuno si è costituito nel processo costituzionale.
2. - Nel corso del procedimento penale contro Perri Concetta,
pendente avanti al pretore di Rogliano, il giudicante ha sollevato
d'ufficio, con l'ordinanza in data 10 luglio 1970, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 570, primo comma, codice penale,
nella parte in cui punisce il coniuge che, abbandonando il domicilio
domestico, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti a tale sua
qualità, in riferimento agli artt. 13, primo comma, 16, primo comma,
25, secondo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione.
Nell'ordinanza si fa presente che l'impugnazione viene proposta,
sia al fine di ottenere il riesame delle questioni decise nel senso
dell'infondatezza con la sentenza di questa Corte n. 107 del 1964, sia
per proporre per la prima volta la censura relativa alla violazione
dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione.
Sotto il primo profilo l'ordinanza muove dall'osservazione che
l'interpretazione dell'art. 570 accolta dalla Corte costituzionale,
secondo la quale l'abbandono del domicilio domestico non integrerebbe
da solo la fattispecie penale, non è accettabile poiché, se è vero -
come la giurisprudenza penale afferma - che l'"assistenza" di cui
tratta il primo comma dell'art. 570 del codice penale, è soltanto
quella morale, comprensiva degli obblighi di convivenza, di protezione,
di rispetto, ecc., l'abbandono del tetto coniugale viene per forza di
cose a realizzare la violazione della norma penale, poiché il dovere
di coabitazione comprende e riassume in sé, assorbendoli, tutti gli
obblighi suddetti. Contro l'interpretazione accolta nella sentenza n.
107 del 1964 il pretore adduce altresì argomenti desunti dalla
relazione ministeriale e dalla sentenza n. 46 del 1970 di questa Corte
che si è occupata sotto altro aspetto dello stesso art. 570, codice
penale.
Sulla base dell'interpretazione della norma impugnata, rifiutata
dalla sentenza n. 107 del 1964, il pretore ripropone quindi le censure
di violazione della libertà personale e di circolazione del coniuge,
conseguenti all'obbligo che su di lui incombe di non allontanarsi dal
domicilio coniugale anche quando la comunità che ha tratto origine dal
matrimonio è ormai in crisi.
A confutazione della contraria tesi, riconducibile all'esigenza di
difesa dell'unità familiare recepita dall'art. 29, secondo comma,
della Costituzione, egli si richiama quindi alla evoluzione della
realtà sociale che ha imposto quella trasformazione del diritto di
famiglia di cui alcune sentenze di questa Corte, richiamate e valutate
nell'ordinanza, costituiscono tappe salienti.
Sotto il secondo profilo, l'ordinanza denuncia poi l'art. 570,
primo comma, codice penale, in riferimento all'art. 25, secondo comma,
Cost., in considerazione del fatto che il concetto di "assistenza
morale", inteso nel senso sopra indicato, per la sua indeterminatezza e
genericità, lascia largo margine di discrezionalità agli operatori,
laddove il precetto penale deve corrispondere alle esigenze di
concretezza e di specificità cui si ispira il principio costituzionale
di cui denuncia la violazione.
L'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata, ma nessuno si è costituito dinanzi a questa Corte.
3. - Altre censure sono state mosse, nei confronti dell'art. 570,
codice penale, dal pretore di Borgo a Mozzano con l'ordinanza in data
31 ottobre 1970, emessa d'ufficio nel corso del procedimento penale
contro Maggenti Santino.
In primo luogo, questo giudice propone la stessa censura esaminata
per ultima dal pretore di Rogliano, riferendosi però, anziché
all'art. 25, secondo comma, all'art. 3 della Costituzione.
La disposizione di cui all'art. 570, codice penale, sanziona
l'illiceità penale dell'abbandono del domicilio domestico e della
condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, in quanto
da essa derivi la violazione degli obblighi di assistenza inerenti alla
patria potestà o alla qualità di coniuge.
Di conseguenza, viene rimessa all'esclusiva e personale valutazione
dell'interprete l'incidenza del dovere di assistenza che in ciascun
caso possa dirsi violato e l'idoneità delle modalità di comportamento
concretamente osservato ai fini della violazione medesima.
In tal modo, però, secondo il pretore, il legislatore non fornisce
all'interprete una norma il cui parametro, ai fini ermeneutici, sia
costituito da dati obbiettivi ed escluda la possibilità di intervento,
anche inconscio, di fattori soggettivi o emozionali, per cui la formula
risulta talmente vaga da determinare una violazione del principio di
eguaglianza.
In secondo luogo il pretore solleva la stessa questione di cui si
è occupata l'ordinanza del pretore di Forlì sopra ricordata,
corredandola peraltro di una motivazione che tiene conto anche della
sentenza di questa Corte n. 46 del 1970 con la quale essa è stata
dichiarata infondata.
Nel chiederne il riesame egli segnala in particolare come il
riconoscimento costituzionale delle società intermedie, ed in primo
luogo della famiglia, faccia sì che l'ingerenza statale in tali
organismi debba essere obbiettivamente giustificata dalla esistenza di
un interesse generale e pubblico da salvaguardare (come ad esempio
quello rappresentato dall'unità familiare).
Ora la previsione dell'intervento statale realizzato dalla
procedibilità d'ufficio viene a ledere il diritto dei coniugi
all'autodeterminazione dei loro rapporti ed all'autoorganizzazione
della famiglia anche dopo la commissione da parte di uno di essi di
alcuno dei fatti previsti dalla norma in esame, senza che ciò sia
giustificato dall'esigenza di perseguire il fine dell'unità familiare,
che in questo caso deve ritenersi istituzionalmente rimesso alla
valutazione dei coniugi.
Anche questa ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata
e pubblicata, ma nessuno si è costituito nel processo costituzionale.

Considerato in diritto:

1. - I tre giudizi sollevano la stessa questione di legittimità
costituzionale dell'art. 570, primo comma, del codice penale, che
sancisce la perseguibilità di ufficio del delitto di violazione degli
obblighi di assistenza familiare, sicché se ne rende opportuna la
riunione e la decisione con unica sentenza, che viene emessa in camera
di consiglio, non essendosi nessuna delle parti costituita in giudizio.
2. - La questione proposta con l'ordinanza del pretore di Forlì
deve essere dichiarata inammissibile poiché risulta che nel giudizio
in cui è stata emessa era stata proposta querela da parte del coniuge
che lamentava il mancato adempimento degli obblighi di assistenza posti
a carico dell'altro coniuge, sicché la eccezione fondata sulla
incostituzionalità del promuovimento di ufficio dell'azione penale ai
sensi dell'art. 570 del codice penale non poteva assumere alcuna
rilevanza, dato che l'eventuale suo accoglimento non avrebbe influito
sull'esito del processo.
3. - visualizza testo argomento Le nuove deduzioni che l'ordinanza del pretore di Rogliano
pone a fondamento della richiesta di riesame della sentenza di questa
Corte n. 107 del 1964, che aveva ritenuto l'infondatezza della eccepita
violazione degli artt. 13, primo comma, 16, primo comma, e 29, secondo
comma, della Costituzione, piuttosto che contrastare con la soluzione
allora data alla questione, in certo modo ne confermano l'esattezza. Si
era allora ritenuto che all'insorgenza del reato ex art. 570 c.p. non
è sufficiente il solo fatto del sottrarsi di un coniuge al dovere
della coabitazione con l'altro, occorrendo invece che l'abbandono, pel
suo carattere ingiustificato e definitivo, riveli la volontà di non
più adempiere gli obblighi dell'assistenza; da intendere pertanto in
un senso specifico, non identificantesi necessariamente con l'omissione
di qualcuno dei vari comportamenti imposti dagli artt. 143 e seguenti
del codice civile. Dal che si deduceva che deve rimanere affidato alla
discrezionalità del legislatore sottoporre a diverso trattamento la
violazione dell'uno o dell'altro degli obblighi stessi. Non può
pertanto essere ritenuto paradossale, come l'ordinanza afferma, che
alle relazioni adulterine (le quali pure possono considerarsi
contrastanti con il dovere di assistenza, se inteso in senso ampio) si
facciano corrispondere solo sanzioni civili, per effetto delle sentenze
di questa Corte n. 126 del 1968 e n. 147 del 1969, le quali hanno fatto
cadere gli articoli 559 e 560 del codice penale; e ciò fino a quando
la legge non dovesse disporre diversamente. L'autonomia della
fattispecie delittuosa contemplata dall'art. 570 risulta appunto
confermata dalla considerazione dell'ovvia applicabilità di
quest'ultimo, ove alla infedeltà si accompagnasse il non adempimento
dell'assistenza.
Consegue da quanto si è detto che non può ritenersi sussistente
né la violazione degli artt. 13 e 16 Cost. denunciati, dato che i
limiti alla libertà personale e di circolazione derivano in questo,
come in ogni altro caso di assoggettamento a ordinamenti speciali,
dalla necessità di adempimento dei doveri ad esso assoggettamento
inerenti; e neppure l'altra dell'art. 29 per l'evidente contrasto
dell'abbandono con l'esigenza dell'unità della famiglia. Né vale
asserire in contrario che l'abbandono attesta l'avvenuta rottura di
tale unità spirituale, di fronte alla quale non ha senso l'imposizione
dell'obbligo della coabitazione, poiché proprio in considerazione
dell'insorgenza di siffatte situazioni sono dettate le disposizioni
degli artt. 150 e seguenti relative all'istituto della separazione
personale.
Quanto poi al nuovo motivo fatto discendere dall'allegata
violazione dell'art. 25 Cost., sotto la specie dell'eccessiva
discrezionalità che sarebbe rilasciata al giudice per effetto della
vaghezza e genericità del concetto di "assistenza morale" di cui
all'art. 570, è da osservare, anzitutto, che la fattispecie quivi
considerata non è raffigurata con la formula riferita nell'ordinanza
ma con altra ben più specifica ed articolata, e che, in ogni caso, la
costante giurisprudenza della Corte, riaffermata per ultimo con visualizza testo argomento la
sentenza n. 191 del 1970, ha ritenuto che non contraddice al principio
di legalità della pena il fatto che il legislatore, anziché procedere
ad una rigorosa e tassativa descrizione di un fatto-reato, ricorra per
la sua individuazione a concetti extragiuridici diffusi e generalmente
compresi nella collettività in cui il giudice opera.
4. - Le considerazioni esposte per ultimo valgono anche ad
escludere la fondatezza dell'analoga censura contenuta nell'ordinanza
del pretore di Borgo a Mozzano, sotto la diversa prospettazione della
violazione dell'art. 3 Cost. per l'ineguaglianza di trattamento che
discenderebbe dall'assoluta indeterminatezza dell'oggetto della norma
dell'art. 570.
Anche riguardo all'altra censura di violazione degli artt. 2 e 29,
interpretati nel senso che sarebbe da rilasciare ai coniugi
l'autodeterminazione dei propri rapporti e l'autoorganizzazione da essi
ritenuta meglio idonea ad assicurare l'unità della famiglia, e di
conseguenza escludersi la procedibilità di ufficio sancita dall'art.
570, visualizza testo argomento deve farsi riferimento a quanto dedotto in precedenza sulla
discrezionalità del legislatore nello stabilire i modi e le forme del
perseguimento delle violazioni degli obblighi di assistenza verso la
famiglia, rimanendo al giudice costituzionale solo l'accertamento che
gli uni e le altre non contrastino con l'esigenza della ragionevolezza. visualizza testo argomento Che questa sia nella specie rispettata, in quanto la sanzione penale
prevista dalla norma in esame trova sufficiente giustificazione
nell'interesse pubblico all'osservanza dei comportamenti necessari a
mantenere integra la compagine familiare, è stato ampiamente messo in
rilievo nella sentenza n. 46 del 1970, dalla quale pertanto non vi è
motivo di discostarsi.
per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile, perché irrilevante, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 570 del codice penale, sollevata,
con l'ordinanza del pretore di Forlì, in riferimento all'art. 29 della
Costituzione;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell'art. 570 del codice penale proposte dalle ordinanze in epigrafe
dei pretori di Rogliano e di Borgo a Mozzano in riferimento, la prima,
agli artt. 13, primo comma, 16, primo comma, 25, secondo comma, e 29,
secondo comma, e la seconda, agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1972.
GIUSEPPE CHIARELLI - MICHELE FRAGALI
- COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE
VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
- FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI
OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE
ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI
- NICOLA REALE - PAOLO ROSSI.

 
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