Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0234 del 1975 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di inammissibilità per vizi di carattere processuale
Pronuncia: Pronuncia di rigetto
Disposizione oggetto: codice civile art.314 comma 4:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 234
SENTENZA 22 OTTOBRE 1975

Deposito in cancelleria: 30 ottobre 1975.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 293 del 5 novembre 1975.
Pres. BONIFACIO - Rel. OGGIONI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente -
Dott. LUIGI OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI -
Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO
CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO
AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO
ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONIO DE STEFANO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 314/4,
314/8, 314/11 e 314/26 del codice civile, promosso con ordinanza emessa
il 7 giugno 1973 dalla Corte d'appello di Palermo nel procedimento
civile vertente tra Purpi Vincenzo ed altra e Bruno Biagio ed altri,
iscritta al n. 24 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 6 marzo 1974.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1975 il Giudice relatore
Luigi Oggioni;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

Nel giudizio in grado di appello concernente i decreti dichiarativi
dello stato di adottabilità dei minori Purpi Maurizio, Antonio,
Leonardo, Roberto ed Enzo, decreti impugnati dai genitori dei minori
stessi, la Corte di appello di Palermo, con ordinanza 7 giugno 1973, ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 314/4,
314/8, 314/11 e 314/26, introdotti nel codice civile con la legge 5
giugno 1967, n. 431, per presunto contrasto con gli artt. 3, 29, 30 e
31 Cost., in quanto consentirebbero l'adozione speciale dei figli
legittimi, nonostante l'opposizione dei genitori, con l'effetto, anche
in questo caso, di far cessare ogni rapporto fra l'adottato e la
famiglia di origine.
La Corte di appello ha sollevato dette questioni, dopo avere dato
atto che, secondo l'interpretazione delle norme impugnate, adottata dal
giudice di primo grado, l'adozione speciale andrebbe concessa in vista
dell'esclusivo interesse del minore, anche se le cause dell'abbandono
materiale e morale risalgono a motivi non imputabili ai genitori, come
ristrettezze economiche, ragioni di lavoro, temporanei sbandamenti
psicologici, condizioni precarie di salute (nel corso dell'ordinanza,
la Corte d'appello espone, tuttavia, che, nel caso in esame, la madre
dei minori "si è allontanata dalla famiglia" mentre il padre è in
precarie condizioni di salute, notevolmente aggravate). La concessione
dell'adozione speciale in dette circostanze, afferma però il giudice a
quo, contrasterebbe, anzitutto, con il principio sancito dall'art. 29
Cost., secondo cui la Repubblica riconosce la famiglia come "società
naturale". Tale riconoscimento investirebbe la famiglia come nucleo
sociale primordiale i cui diritti inalienabili ed imprescrittibili lo
Stato non potrebbe annullare, come invece avverrebbe per effetto delle
norme impugnate.
Anche l'art. 30 Cost. apparirebbe violato, poiché il diritto
dovere di mantenere, educare ed istruire i figli ivi garantito ai
genitori, salvo i casi di incapacità nei quali la legge deve
"provvedere a che siano assolti i loro compiti", escluderebbe comunque
la facoltà del legislatore ordinario di troncare definitivamente i
rapporti tra famiglia naturale e figli minori, ammettendo solo la
possibilità di emettere provvedimenti sussidiari affinché siano
adempiute le funzioni dei genitori i quali, peraltro, non potrebbero in
nessun caso cessare di essere considerati tali.
La definitiva cessazione del rapporto familiare naturale, inoltre,
contrasterebbe con l'art. 31 Cost. che fisserebbe il compito dello
Stato di agevolare con misure economiche e di previdenza la formazione
della famiglia, e quindi postulerebbe interventi di sussidio e di aiuto
all'opera della famiglia, mentre l'adozione speciale, facendo cessare
definitivamente il rapporto familiare, negherebbe la sostanza stessa
dell'agevolazione che il legislatore potrebbe invece perseguire,
creando istituti in cui i minori vengano accolti, quando appunto i
familiari non siano in grado di provvedervi.
Poiché, infine, in base all'applicazione concreta delle norme
impugnate, sarebbe da rilevare che l'adozione speciale colpisce solo le
classi povere, accentuando la disuguaglianza tra genitori di classi
diverse per motivi economici, la Corte di appello prospetta altresì la
violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3.
Si è costituito in questa sede il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
che ha ritualmente depositato le proprie deduzioni.
L'Avvocatura obbietta che, pur dovendosi ammettere che la famiglia
è una società naturale e come tale certamente antecedente ad ogni
legge positiva, la norma costituzionale non potrebbe impedire al
legislatore ordinario di dettare le regole opportune nel caso in cui
tale società si dissolva, per alleviare le conseguenze che ne
derivano. Pertanto, il contrasto con l'art. 29 Cost. potrebbe solo
sussistere nell'ipotesi in cui la legge ordinaria consentisse
l'adozione speciale anche quando non risultasse avvenuta l'effettiva
dissoluzione della società naturale familiare che la Costituzione
tutela. Ma poiché, prosegue l'Avvocatura, secondo la legge in esame,
ai fini della adozione speciale, occorre non soltanto che il minore
versi obbiettivamente in stato di abbandono materiale e morale, ma
anche che tale situazione non dipenda da "forza maggiore", deve
concludersi che la tutela della famiglia di origine voluta dalla
Costituzione è sufficientemente garantita. Il legislatore ordinario,
invero, non ha autorizzato la recisione di rapporti ancora vigenti ma
ha regolato soltanto le conseguenze del loro venir meno per
l'intervenuto dissolvimento della società naturale familiare, almeno
per quanto riguarda l'essenziale aspetto dei rapporti fra genitori e
figli.
Le descritte condizioni per l'adozione speciale escludono poi,
secondo l'Avvocatura, anche la violazione dell'art. 30 Cost., poiché
la decadenza del diritto-dovere di mantenere, educare ed istruire i
figli, ivi sancito, consegue alla violazione di tale obbligo, e
costituisce, appunto, un mezzo per ovviare a tale carenza, sicché in
definitiva, il legislatore, con l'inserimento del minore in una nuova
famiglia, persegue proprio i fini indicati nella norma costituzionale
che si pretende violata.
Fuori luogo sarebbe poi l'invocare l'art. 31 Cost., il quale si
limita ad impegnare il legislatore ad una politica di favore verso la
famiglia, che non può certo impedire la predisposizione di strumenti
come l'adozione speciale, che hanno di mira l'eliminazione degli
inconvenienti derivanti appunto dal fallimento della famiglia.
Anche fuori luogo sarebbe, infine, il riferimento all'art. 3 Cost.
poiché la legge impugnata non opererebbe nessuna discriminazione fra i
cittadini, prevedendo l'adozione speciale nei confronti di tutti, alle
stesse condizioni, e comunque tenderebbe, restituendo una famiglia ai
minori che l'hanno perduta, ad assicurare loro l'eguaglianza con i loro
coetanei.

Considerato in diritto:

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di
Palermo, sezione per minorenni, assume che siano in contrasto con gli
artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, gli artt. 314/4, 314/8, 314/11
e 314/26 del codice civile nei limiti in cui "consentono che sia
dichiarata l'adozione speciale dei figli legittimi, non ostante
l'opposizione dei genitori, con l'effetto della cessazione di ogni
rapporto tra l'adottato e la famiglia di origine, salvi soltanto i
divieti matrimoniali e le norme penali fondate sui rapporti di
parentela".
2. - I dubbi sulla legittimità costituzionale delle indicate norme
sono stati prospettati in un giudizio, in grado di appello, in cui il
giudice si sarebbe dovuto pronunciare soltanto in ordine alla
dichiarazione dello stato di adottabilità nei confronti di minori, i
cui genitori legittimi, conosciuti ed esistenti, avevano manifestato la
loro opposizione.
Deve, perciò, escludersi che possa avere carattere pregiudiziale
una decisione che riguardi l'art. 314/26 nella parte in cui prevede che
"con l'adozione speciale cessano i rapporti dell'adottato verso la
famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali e le norme penali
fondate sul rapporto di parentela": che riguardi, cioè, gli effetti
dell'adozione una volta superata la fase preliminare
dell'adottabilità.
Appare, correlativamente, non rilevante la questione di
legittimità costituzionale relativa a codesto articolo.
3. - Le norme, di cui agli artt. 314/4, 314/8 e 314/11, le quali
consentono che sia dato corso alla adozione speciale dei figli
legittimi, nonostante l'opposizione dei genitori, non risultano, ad
avviso della Corte, in contrasto con le disposizioni costituzionali di
raffronto.
Va, invero, precisato che l'asserita violazione degli artt. 29, 30
e 31 della Costituzione è dal giudice a quo riportata alla situazione
effettuale che consegue alla pronuncia dell'adozione speciale, ed è
quindi sostanzialmente prospettata soltanto in relazione all'art.
314/26.
4. - Rimane, di conseguenza, da valutare se le rimanenti norme
denunciate violino l'art. 3 della Costituzione.
Pur dovendosi riconoscere che la situazione di abbandono materiale
e morale di minori di anni otto, più facilmente si verifica
nell'ambito delle famiglie meno abbienti, non si può tuttavia non
tener presente che detta situazione, nella previsione normativa e nella
sua pratica verificazione, non è necessariamente collegata alla
condizione economica familiare e può non sussistere anche se i
genitori non siano in grado di mantenere i figli (arg. ex art. 314/4,
comma secondo).
Non si presta, perciò, ad essere condivisa dalla Corte
l'affermazione, contenuta nell'ordinanza di rimessione, secondo cui "la
legge colpisce unicamente le classi povere, accentuando rispetto ai
genitori, le diseguaglianze determinate da situazioni di ordine
economico, anziché contribuire a rimuoverle".
visualizza testo argomento Sul punto, v'è da riaffermare i principi già espressi nelle
sentenze n. 145 del 1969, n. 158 del 1971 e n. 76 del 1974 e,
specificamente, da mettere in rilievo che l'istituto dell'adozione
speciale, in funzione della tutela dell'interesse del minore che si
trovi in situazione di abbandono materiale e morale, appare conforme al
disposto del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, in quanto
favorisce lo sviluppo della persona umana, con l'inserimento del minore
in una famiglia che ne possa avere adeguata cura.
per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 314/26 del codice civile,
sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli
artt. 3,29,30 e 31 della Costituzione;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 314/4, 314/8 e 314/11 del codice civile, sollevata con la
stessa ordinanza ed in riferimento ai medesimi articoli della
Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 1975.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI
OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE
ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI
- NICOLA REALE - PAOLO ROSSI -
LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA -
EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI -
MICHELE ROSSANO - ANTONIO DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere

 
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