Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0194 del 1984 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di inammissibilità per discrezionalità del legislatore
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.29 comma 2:
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (manca "norma a rime obbligate": no analogia iuris)

N. 194
SENTENZA 9 LUGLIO 1984

Deposito in cancelleria: 11 luglio 1984.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 197 del 18 luglio 1984.
Pres. ELIA - Rel. CORASANITI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente - Prof.
GUGLIELMO ROEHRSSEN - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO
MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA -
Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO - Dott. ALDO CORASANITI,
Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 184 del
codice civile nel testo anteriore alla legge 19 maggio 1975, n. 151;
art. 227 legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di
famiglia) promosso con la ordinanza emessa il 25 gennaio 1980 dal
tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra Pitanza
Lorenzo e Barbagallo Domenica iscritta al n. 251 del registro ordinanze
1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145
dell'anno 1980.
Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1984 il Giudice
relatore Aldo Corasaniti.

Ritenuto in fatto:

1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Lorenzo
Pitanza nei confronti della moglie Domenica Barbagallo per ottenere la
"restituzione" di un immobile dotale (appartamento), da lei detenuto,
al fine di svolgere attività di amministrazione dello stesso, il
Tribunale di Catania, con ordinanza 25 gennaio 1980, ha sollevato, su
eccezione della convenuta, questione di legittimità costituzionale in
riferimento all'art. 29, comma secondo, Cost., dell'art. 184 cod. civ.,
nel testo anteriore alla legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del
diritto di famiglia), nonché dell'art. 227 della predetta legge n. 151
del 1975.
2. - Premesse considerazioni sulla rilevanza, in relazione
all'oggetto del giudizio davanti ad esso, della questione di
legittimità costituzionale della normativa concernente la
distribuzione fra i coniugi dei poteri di amministrazione dei beni
dotali, il Tribunale ha osservato che l'art. 184 C.C. ora indicato, in
quanto stabilisce che il marito (anche quando non acquista la
proprietà dei beni dotali, come nella ipotesi di dote di specie) ha da
solo l'amministrazione dei beni dotali e il diritto di riscuotere i
frutti, e in quanto preclude in tal modo alla moglie ogni ingerenza
nella detta amministrazione, costituisce espressione del principio
della prevalenza del marito nei rapporti patrimoniali fra i coniugi. E
ha soggiunto che l'art. 227 della legge n. 151 del 1975, in quanto
dispone - in riferimento alla soppressione dell'istituto dotale
stabilita con l'art. 166 bis del codice novellato dalla stessa legge -
che le doti costituite anteriormente all'entrata in vigore della
riforma, continuino a essere disciplinate dalle norme anteriori,
finisce per conservare, sia pure nei limiti ora indicati,
l'operatività di tale principio.
Ma il principio stesso - osserva il giudice a quo - è
incompatibile con quello dell'eguaglianza (anche giuridica) dei
coniugi, che è consacrato nell'art. 29, comma secondo della
Costituzione e che ha trovato attuazione nella riforma introdotta con
la legge n. 151 del 1975, tanto che questa, a proposito della
disciplina dei rapporti patrimoniali fra i coniugi, ha stabilito che i
poteri di amministrazione, sia dei beni costituenti il fondo
patrimoniale (art. 168, comma terzo del codice civile novellato), sia
dei beni oggetto della comunione legale (art. 180, comma primo del
codice civile novellato), siano esercitati anche dalla moglie
(disgiuntamente quanto agli atti di ordinaria amministrazione,
congiuntamente quanto agli atti eccedenti la medesima).
3. - Nel giudizio davanti a questa Corte non si è costituita
alcuna delle parti del giudizio a quo, né è intervenuto il Presidente
del Consiglio.

Considerato in diritto:

1. - Ipotizzando il contrasto con l'art. 29, comma secondo Cost.
dell'art. 184 del codice civile nel testo anteriore alla riforma del
diritto di famiglia - disposizione concernente l'amministrazione dei
beni dotali - e dell'art. 227 della novella 19 maggio 1975, n. 151
introduttiva della riforma - disposizione diretta, in riferimento al
divieto di costituire nuove doti (art. 166 bis del codice novellato), a
sancire l'ultrattività del detto art. 184 stabilendo che le doti
costituite continuino a essere disciplinate dalle norme anteriori -
l'ordinanza di rimessione non revoca in dubbio la legittimità
costituzionale dell'istituto della dote nella sua totalità.
Ciò esime dall'affrontare il più ampio problema se il detto
istituto trovi sostegno necessario (o soltanto premessa storica) in una
concezione della famiglia, e della posizione in questa della donna, non
coerente o addirittura incompatibile col principio di eguaglianza
morale e giuridica fra i coniugi espresso nel cennato precetto
costituzionale, senza trovare in pari tempo giustificazione in ragioni
di garanzia dell'unità familiare.
Ed esime altresì dall'indagine, conducente alla prima, se la
soppressione ad opera della riforma sia dovuta a esigenze di
adeguamento alla Costituzione, o soltanto di ammodernamento, della
disciplina dei rapporti patrimoniali fra coniugi; nonché
dall'indagine, correlata alla prima, se la conservata operatività
della disciplina anteriore per i rapporti patrimoniali costituiti
ripeta, o no, idonea giustificazione da effettive esigenze di diritto
transitorio.
2. - Nella valutazione della rilevanza della questione contenuta in
motivazione, e nella formulazione della questione espressa in
dispositivo, l'ordinanza di rimessione prende di mira l'interna
struttura dell'istituto dotale. In particolare essa denuncia la
distribuzione fra i coniugi dei poteri di amministrazione dei beni
dotali, come stabilita dalla normativa del codice civile non novellato
- art. 184, e, di riflesso, art. 182 - distribuzione suscettiva di
apparire, secondo il giudice a quo, gravemente sperequativa in danno
della moglie, nonostante il temperamento apprestato dal rimedio della
separazione della dote (artt. 202 ss. c.c. non novellato).
L'ordinanza postula, in tal modo, un intervento additivo di questa
Corte, volto a sostituire, a quella disposta dalla normativa impugnata,
una distribuzione più equa e così più conforme al cennato precetto
costituzionale.
3. - visualizza testo argomento Ma la tecnica manipolativa e adeguatrice sollecitata non
appare alla Corte sperimentabile nel caso concreto. È ardua, invero,
la pura e semplice estensione (che sembra ipotizzata dall'ordinanza di
rimessione) alla dote (particolarmente in riferimento all'ipotesi di
acquisto da parte del marito della proprietà dei beni dotali, ma anche
in riferimento alla ipotesi di conservazione della proprietà da parte
della moglie) della struttura propria di altri regimi patrimoniali
(quale quella del fondo patrimoniale, che si adegua in parte qua -
artt. 168, comma terzo, 180 codice civile novellato - a quella della
comunione legale, istituto certo non affine alla dote sotto il profilo
del regime della proprietà dei beni che ne sono oggetto).
Una siffatta soluzione non si presenta infatti come obbligata, ben
potendo darsene altre (eventualmente differenziate in relazione
all'ipotesi di modificato assetto dei rapporti personali fra i coniugi)
non contrastanti sotto l'aspetto considerato con il precetto
costituzionale in argomento: come quella, ad esempio, di conferire alla
moglie, anche se non attributaria dell'amministrazione poteri di
opposizione agli atti di amministrazione, del marito attributario.
Non essendo configurabile una sola soluzione - e quindi una
soluzione obbligata - ma più soluzioni, la sentenza additiva che ne
adottasse una invaderebbe un ambito riservato alla discrezionalità
insindacabile del legislatore.
La questione va pertanto dichiarata inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 184 cod. civ., nel testo anteriore alla legge 19 maggio
1975, n. 151, e 227 della detta legge n. 151 del 1975, sollevata, in
riferimento all'art. 29, comma secondo Cost., dal Tribunale di Catania
con ordinanza 25 gennaio 980.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1984.
F.to: LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO
ROEHRSSEN - BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO
PALADIN - ANTONIO LA PERGOLA -
VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI
- FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO -
ETTORE GALLO - ALDO CORASANITI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere

 
© 2006-2024 - Dipartimento Scienze Giuridiche - Università di Torino - Periodico registrato presso il Tribunale di Torino