Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0237 del 1986 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di rigetto con monito al legislatore
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.29 comma 1:
-Argomento psicologico (ricorso alla volontà del legislatore concreto)
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)
Pronuncia: Pronuncia di inammissibilità per discrezionalità del legislatore
Disposizione oggetto: codice penale art.307 comma 4:
-Esplicita valutazione delle conseguenze pratiche dell'eventuale accoglimento
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.3 comma 1:
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (manca "norma a rime obbligate": no analogia iuris)

N. 237
SENTENZA 13 NOVEMBRE 1986

Deposito in cancelleria: 18 novembre 1986
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 55/1 s.s. del 26 nov. 1986.
Pres. LA PERGOLA - Rel. BORZELLINO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. ANTONIO LA PERGOLA, Presidente - Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA -
Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO - Prof. ALDO CORASANITI -
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO - Dott. FRANCESCO GRECO - Prof. RENATO
DELL'ANDRO - Prof. GABRIELE PESCATORE - Avv. UGO SPAGNOLI - Prof.
FRANCESCO PAOLO CASAVOLA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 384 e 307
del codice penale promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 3 giugno 1980 dal Tribunale di Novara nel
procedimento penale a carico di Miali Rosa iscritta al n. 751 del
registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 325 dell'anno 1980;
2) ordinanza emessa il 1 aprile 1983 dal Tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Sinopoli Concetta iscritta al n. 945
del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 95 dell'anno 1984;
3) ordinanza emessa il 14 luglio 1983 dal Tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Dall'Ara Patrizia iscritta al n. 1116
del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 53 bis dell'anno 1985;
4) ordinanza emessa il 6 febbraio 1985 dal Giudice istruttore del
Tribunale di Camerino nel procedimento penale a carico di Ottaviucci
Fabrizio iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1985 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 167 bis dell'anno 1985;
5) ordinanza emessa il 28 maggio 1985 dalla Corte di assise di
Rovigo nel procedimento penale a carico di Major Laura iscritta al n.
573 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 8/1 s.s. dell'anno 1986.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 1986 il Giudice relatore
Giuseppe Borzellino;
udito l'avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

Con proprie rispettive ordinanze i Tribunali di Novara (R.O. n.
751/1980) e di Torino (R.O. n. 945/1983 e R.O. n. 1116/1984), il
Giudice istruttore del Tribunale di Camerino (R.O. n. 193/1985) e la
Corte di assise di Rovigo (R.O. n. 573/1985) hanno sollevato questione
di legittimità costituzionale degli artt. 307, ultimo comma, e 384
c.p., nella parte in cui non si prevede che la scriminante di cui
all'art. 384 c.p. possa estendersi al convivente more uxorio. Più in
particolare il Tribunale di Novara e la Corte di assise di Rovigo hanno
impugnato specificamente l'art. 384 in relazione all'art. 307 c.p., il
Tribunale di Torino gli artt. 384 e 307 mentre il Giudice istruttore
del Tribunale di Camerino soltanto l'art. 384.
I giudizi nell'ambito dei quali è stata sollevata la questione
riguardano, tutti, soggetti imputati di favoreggiamento personale nei
confronti di persona con la quale convivevano more uxorio.
La questione viene prospettata nelle ordinanze del Tribunale di
Novara, del Giudice istruttore del Tribunale di Camerino e della Corte
di assise di Rovigo in riferimento agli artt. 3 e 29 della
Costituzione, mentre nelle due ordinanze del Tribunale di Torino viene
sollevata in riferimento al solo art. 3.
In particolare, secondo l'ordinanza emessa dal Tribunale di Novara
nel procedimento a carico di Miali Rosa, "il legislatore, elencando
tassativamente all'art. 307 c.p. le ipotesi che permettono ad un
soggetto di qualificarsi "prossimo congiunto", ha omesso di considerare
quelle situazioni affettive di natura familiare, basate sulla
convivenza di fatto, in realtà oggettivamente identiche a quelle
appunto disciplinate".
Tale omissione contrasterebbe con la ratio dell'art. 384 che ha lo
scopo di evitare, per motivi etici, che un soggetto sia costretto ad
arrecare grave nocumento ad un congiunto. Motivi etici che "si pongono
e vanno rispettati nell'ipotesi di famiglia di fatto non legittimata
dal vincolo del matrimonio, poiché tali situazioni - convivenza
fondata su vincolo giuridico e convivenza di fatto - appaiono
sostanzialmente identiche, essendo entrambe improntate a quei principi
di "società naturale" cui fa riferimento l'art. 29 della
Costituzione".
Sostanzialmente conformi appaiono le motivazioni adottate dal
Tribunale di Torino nell'ordinanza 1 aprile 1983 (R.O. n. 945 del 1983)
nel procedimento a carico di Sinopoli Concetta, nella quale vengono
rimarcati gli intenti di reciproca assistenza di fatto che sorreggono
le situazioni affettive di natura familiare, basate sulla convivenza ed
oggettivamente identiche a quelle disciplinate dalle norme.
Quanto all'altra ordinanza del Tribunale di Torino del 14 giugno
1983 (R.O. n. 1116 del 1984) nel procedimento a carico di Dall'Ara
Patrizia si rileva che la situazione derivante dalla convivenza more
uxorio in nulla si distingue da quella c.d. legale se non per l'assenza
di una sanzione legale del vincolo, onde riesce difficile giustificare
la esclusione dall'elencazione di cui all'art. 307 della persona
convivente more uxorio, dal momento che la ratio dell'esimente di cui
all'art. 384 è da individuarsi nell'esistenza di un profondo vincolo
affettivo, coltivato quotidianamente. Il richiamo ai motivi etici,
ispiratori dell'art. 384 c.p., da ritenere presenti anche per la
convivenza more uxorio, si ritrova altresì nell'ordinanza del Giudice
istruttore del Tribunale di Camerino del 6 febbraio 1985 (nel
procedimento a carico di Ottaviucci Fabrizio) unitamente alla
considerazione che l'ordinamento, sia pure ad altri fini, tende, se non
ad equiparare la famiglia di fatto al vincolo matrimoniale, ad
apprestarne idonea tutela; questa, se non discende automaticamente
dall'art. 29 Cost., certo in tale norma trova presupposto di
applicazione analogica.
Anche l'ordinanza della Corte di assise di Rovigo, nel procedimento
a carico di Major Laura, sostiene la ricorrenza delle stesse ragioni di
non punibilità poste a salvaguardia del nucleo familiare.
Nel giudizio promosso con l'ordinanza del Tribunale di Novara è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura dello Stato. Nella memoria di intervento si
deduce l'infondatezza della questione giacché la disparità di
trattamento riguarda due situazioni non obiettivamente uguali, bensì
sostanzialmente diverse, per l'ovvia diversità fra la famiglia e la
convivenza di fatto, derivante dal rilievo che nel primo caso la
famiglia esiste e nel secondo caso non esiste.
Si tratta - secondo la memoria - di una diversità fondamentale su
cui poggia l'intero ordinamento sia civile che penale e che trova la
sua consacrazione nell'art. 29 della Costituzione secondo cui "la
Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio".

Considerato in diritto:

1. - L'identità delle questioni comporta la riunione delle
relative cause per formare oggetto di unica pronuncia.
2a) - Agli effetti della legge penale, l'art. 307, comma quarto,
del relativo codice fornisce l'elencazione tassativa dei prossimi
congiunti e vi ricomprende il coniuge. Questi, pertanto, non è
punibile, giusta il successivo art. 384, allorché costretto a salvare
da grave ed inevitabile nocumento l'altro coniuge, così incorrendo con
la sua condotta, tra le altre ipotesi contemplate, nel reato di
favoreggiamento personale.
Ma il Tribunale di Novara (ord. 751/80), il Giudice istruttore del
Tribunale di Camerino (ord. 193/85), la Corte di assise di Rovigo (ord.
573/85) sospettano di illegittimità costituzionale le richiamate
disposizioni, assumendone contrasto con l'art. 29, primo comma, della
Costituzione: l'omesso inserimento nella elencazione dei prossimi
congiunti del convivente more uxorio alla pari del coniuge mostrerebbe
- ad avviso dei remittenti - il non volersi tener conto, nella realtà
sociale e nell'ordinamento, dei vincoli di solidarietà pur insiti
nella famiglia di fatto. Per contro, la relativa tutela - tanto più
opportuna e ravvivata quando esiste prole - troverebbe presupposto di
applicazione analogica, così testualmente il Giudice istruttore di
Camerino, proprio nel dettato dell'art. 29 Cost.
2b) - Prospettata in tali precisi termini di riferimento, la
questione è priva di fondatezza.
visualizza testo argomento L'art. 29 riguarda, infatti, la famiglia fondata sul matrimonio
(sent. n. 30 del 1983): visualizza testo argomento come del resto fu pressoché univocamente
palesato in sede di Assemblea Costituente la compagine familiare
risulta, nel precetto, strettamente coordinata con l'ordinamento
giuridico, sì che rimane estraneo al contenuto delle garanzie ivi
offerte ogni altro aggregato pur socialmente apprezzabile, divergente
tuttavia dal modello che si radica nel rapporto coniugale.
E che gli stessi Costituenti così divisassero doversi intendere la
ripetuta norma, fornisce una obiettiva riprova la votazione per
divisione, che ne seguì in aula. Fu esplicitamente rifiutato, infatti,
un voto inteso a disgiungere, nell'art. 29, primo comma, la locuzione
"diritti della famiglia come società naturale" dall'altra "fondata sul
matrimonio"; si procedette - all'incontro - dapprima al voto sul
riconoscimento dei diritti familiari, accorpandosi, in successiva
votazione, la frase "come società naturale fondata sul matrimonio",
rimasta avvinta in inscindibile endiadi.
3a) - Senonché, i giudici a quibus cui si aggiunge il Tribunale di
Torino (ordd. 945/83 e 1116/84) deducono ancora l'illegittimità della
normativa penale di cui innanzi, in relazione all'art. 3 Cost.
La convivenza di fatto, si assume, rivestirebbe oggettivamente
connotazioni identiche a quelle scaturenti dal vincolo matrimoniale: e
dunque una diversità di garanzie - o addirittura l'assenza di queste -
verrebbe a vulnerare il principio di uguaglianza.
visualizza testo argomento Orbene, la Corte - sia pure per oggetti specifici insorti da
diversa fattispecie - ha avuto modo di pronunciarsi, in passato, sul
merito della situazione di convivenza more uxorio anche nei termini del
confronto sopra descritti. E, in punto specifico, ebbe già a rilevarsi
la inapprezzabilità del rapporto di fatto poiché privo esso delle
caratteristiche di certezza e di stabilità, proprie della famiglia
legittima, osservandosi - tra l'altro - che la coabitazione può venire
a cessare unilateralmente e in qualsivoglia momento (sentenza n. 45
del 1980).Va poi ricordato, per completezza, come non avesse mancato la
Corte, peraltro, di porre l'accento (sentenza n. 6 del 1977) sulla
opportunità di una valutazione legislativa degli interessi dedotti,
carenti, allo stato, di tutela positiva.
3b) - In effetti, un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non
appare - anche a sommaria indagine - costituzionalmente irrilevante
quando si abbia riguardo al rilievo offerto al riconoscimento delle
formazioni sociali e alle conseguenti intrinseche manifestazioni
solidaristiche (art. 2 Cost.). Tanto più - in ciò concordando con i
giudici remittenti - allorché la presenza di prole comporta il
coinvolgimento attuativo d'altri principi, pur costituzionalmente
apprezzati: mantenimento, istruzione, educazione.
In altre parole, si è in presenza di interessi suscettibili di
tutela, in parte positivamente definiti (si vedano ad es. gli artt. 250
e 252 del codice civile nel testo novellato con la legge 19 maggio 1975
n. 151), in parte da definire nei possibili contenuti.
Comunque, per le basi di fondata affezione che li saldano e gli
aspetti di solidarietà che ne conseguono, siffatti interessi appaiono
meritevoli indubbiamente, nel tessuto delle realtà sociali odierne, di
compiuta obiettiva valutazione.
Nella fattispecie, tuttavia, l'adeguatezza in concreto di misure
protettive d'ordine positivo scaturenti dalla valorizzazione di legami
affettivi esistenti di fatto (cfr. sentenza n. 198 del 1986) trascende
- e proprio per l'esigenza di una complessa chiarezza normativa - i
ristretti termini del caso, rivolto al mero intento di parificare il
binomio coniuge/convivente in presenza dei reati richiamati dall'art.
384 c.p., tra cui il 378.
Più incisivamente, visualizza testo argomento va osservato che l'impugnato art. 307, comma
quarto racchiude la nozione positiva di prossimo congiunto con una
portata di integrazione generale nel sistema legislativo penale: la
prospettata parificazione della convivenza e del coniugio, varrebbe,
adunque, a coinvolgere automaticamente non solo le altre ipotesi di
reato contenute nell'art. 384 pure impugnato, ma - ben più ampiamente
- altri istituti di ordine processuale penale, quali la ricusazione del
giudice (art. 64, nn. 3 e 4 cod. proc. pen.); la facoltà di astensione
dal deporre (art. 350) già esaminata dalla Corte nella ricordata
sentenza n. 6 del 1977; la titolarità nella richiesta di revisione
delle sentenze di condanna e di connesso esercizio dei relativi diritti
(artt. 556,564) ovvero nella presentazione di domanda di grazia (art.
595).
D'altronde, una volta parificato, in ipotesi, il rapporto di fatto
a quello del coniugio, non sarebbe dato sottrarsi, contestualmente,
alla necessità di regolare la posizione dell'eventuale coniuge
separato, sia per il caso di coerenza d'intenti che di conflittualità
con il convivente.
visualizza testo argomento Ma su di una regolamentazione esaustiva di tal sorta,
necessariamente involgente, senz'altro, scelte e soluzioni di natura
discrezionale, questa Corte non avrebbe facoltà di pronunciarsi senza
invadere quelle competenze che spettano al Parlamento, nel razionale
esercizio di un potere che il solo legislatore è chiamato ad
esercitare; per il che la Corte rinnova la sollecitazione contenuta
nella sentenza n. 6 del 1977.Consegue l'inammissibilità dell'odierna dedotta questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi:
a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 307, comma quarto, e 384 del codice penale, in relazione
all'art. 29 Cost., sollevata con ordinanze n. 751/80, n. 193/85, n.
573/85, rispettivamente dal Tribunale di Novara, dal Giudice istruttore
del Tribunale di Camerino, dalla Corte d'assise di Rovigo;
b) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 307, comma quarto, e 384 codice penale, in
relazione all'art. 3 Cost., sollevata con ordinanze n. 945/83 e n.
1116/84 dal Tribunale di Torino, nonché dal Tribunale di Novara, dal
Giudice istruttore del Tribunale di Camerino, dalla Corte d'assise di
Rovigo con le ordinanze di cui al punto a) del presente dispositivo.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 1986.
F.to: ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO
ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI -
FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO -
ETTORE GALLO - ALDO CORASANITI -
GIUSEPPE BORZELLINO - FRANCESCO GRECO
- RENATO DELL'ANDRO - GABRIELE
PESCATORE - UGO SPAGNOLI - FRANCESCO
PAOLO CASAVOLA.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere

 
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