Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0116 del 1990 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia additiva di regola
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.29 comma 2:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 116
SENTENZA 6-9 MARZO 1990

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge
14 luglio 1967, n. 585 (Estensione degli assegni familiari ai
coltivatori diretti, mezzadri, compartecipanti), promosso con
ordinanza emessa il 13 marzo 1989 dal Pretore di Belluno nei
procedimenti civili riuniti vertenti tra Zanon Rita ed altra e
l'I.N.P.S., iscritta al n. 464 del registro ordinanze 1989 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima
serie speciale dell'anno 1989;
Udito nella camera di consiglio del 31 gennaio 1990 il Giudice
relatore Francesco Greco;

Ritenuto in fatto

Le coltivatrici dirette Gemma Antoniazzi e Rina Zanon chiedevano
all'I.N.P.S. gli assegni familiari per prole minore a carico per il
periodo anteriore all'entrata in vigore della legge 9 dicembre 1977,
n. 903.
L'Istituto convenuto eccepiva l'infondatezza della pretesa in base
alla legge n. 585 del 1967 che, per i coltivatori diretti,
considerava aventi diritto ai predetti assegni, in ogni caso, il
padre e, solo in date situazioni (vedovanza, separazione, ecc.) la
madre.
Le predette convenivano l'I.N.P.S. dinanzi al Pretore di Belluno.
Questi, con ordinanza del 13 marzo 1989, ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità
dell'art. 1 della legge n. 585 del 1967 citata, "nella parte in cui
non riconosce il diritto agli assegni familiari, in alternativa, alla
donna lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli
stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato così come
avviene dall'entrata in vigore della legge n. 903 del 1977". Ha
ritenuto la questione rilevante e non manifestamente infondata.
L'ordinanza è stata regolarmente notificata e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale.
Nel giudizio dinanzi alla Corte nessuna parte si è costituita né
vi sono stati interventi.

Considerato in diritto

Il Pretore dubita della legittimità costituzionale dell'art. 1
della legge 14 luglio 1967, n. 585, nella parte in cui non prevede,
tra gli aventi diritto a percepire gli assegni familiari per i figli
a carico, la madre lavoratrice o pensionata in alternativa al padre.
Risulterebbero violati gli artt. 3 e 29 della Costituzione per la
disparità di trattamento che si verifica tra i coniugi, tenuti in
parità ad adempiere gli obblighi familiari.
La questione è fondata.
L'art. 1 della legge n. 585 del 1967, ai fini del diritto
all'erogazione degli assegni familiari in favore dei coltivatori
diretti ed equiparati, considera capo famiglia:
a) il padre di figli aventi l'età prevista dall'art. 2 (minori
e a carico);
b) la madre di figli aventi l'età prevista dall'art. 2 quando
sia vedova o nubile con prole non riconosciuta dal padre o separata o
abbandonata dal marito e con a carico i figli o che abbia il marito
invalido permanentemente al lavoro o disoccupato e non fruente di
indennità di disoccupazione od in servizio militare, sempre che non
rivesta il grado di ufficiale o sottufficiale, o detenuto in attesa
di giudizio o per espiazione di pena o assente perché colpito da
provvedimenti di polizia.
Successivamente, con la legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parità di
trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), i genitori sono
stati posti (art. 9, primo comma) sul medesimo piano, in alternativa,
ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni per i figli a
carico e sono state abrogate tutte le disposizioni legislative in
contrasto con quella emanata (artt. 9, secondo comma, e 19).
Tuttavia, vi sono fattispecie ancora regolate dalla disposizione
denunciata, sicché è certamente rilevante la verifica della sua
conformità o meno ai precetti costituzionali posti in riferimento
dal giudice a quo.
visualizza testo argomento Come già si è osservato (sentt. n. 105 e n. 6 del 1980) in una
fattispecie analoga, la disposizione censurata presuppone una
priorità della posizione del padre in seno alla famiglia e nei
rapporti tra coniugi, per cui essa si pone in contrasto con la
esigenza della equiparazione della moglie al marito in tutti i
rapporti che riguardano la famiglia e i coniugi. Esigenza che risulta
direttamente dal principio di parità dei coniugi sancito dagli artt.
3 e 29 della Costituzione ed alla quale si è ispirata la riforma del
diritto di famiglia di cui alla legge n. 151 del 1975 e alla cui
logica si è uniformata la legge n. 903 del 1977 sulla parità tra
uomo e donna in materia di lavoro e rapporti connessi.
Pertanto, va dichiarata la illegittimità costituzionale della
disposizione in esame nella parte in cui non prevede che gli assegni
familiari per i figli a carico possano essere corrisposti in
alternativa alla madre coltivatrice diretta o pensionata alle stesse
condizioni e con gli stessi limiti che per il padre coltivatore
diretto o pensionato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge
14 luglio 1967, n. 585 (Estensione degli assegni familiari ai
coltivatori diretti, mezzadri, coloni e compartecipanti) nella parte
in cui non prevede, tra gli aventi diritto a percepire gli assegni
familiari per i figli a carico, in alternativa, la madre lavoratrice
o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti
per il padre.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 marzo 1990.

Il Presidente: SAJA
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 9 marzo 1990.
Il direttore della cancelleria: MINELLI

 
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