Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0189 del 1991 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di accoglimento
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.3 comma 1:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 189
SENTENZA 12 APRILE-2 MAGGIO 1991

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: prof. Ettore GALLO;
Giudici: dott. Aldo CORASANITI; prof. Giuseppe BORZELLINO, dott.
Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI,
prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 7, primo comma,
n. 2 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il
miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti) nel
testo sostituito con l'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153
(Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di
sicurezza sociale), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 16 novembre 1990 dal Pretore di Genova nel
procedimento civile vertente tra Stefania Parodi e l'I.N.P.S.,
iscritta al n. 758 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale,
dell'anno 1991;
2) ordinanza emessa il 23 novembre 1990 dal Pretore di Torino
nel procedimento civile vertente tra Margarete Palme e l'I.N.P.S.,
iscritta al n. 67 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale,
dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione di Stefania Parodi, Margarete Palme
e dell'I.N.P.S.;
Udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 1991 il Giudice relatore
Giuseppe Borzellino;
Udito l'avv.to Pasquale Vario per l'I.N.P.S.;

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 16 novembre 1990 (R.O. n. 758 del
1990) il Pretore di Genova, nel procedimento civile vertente tra
Stefania Parodi e I.N.P.S., ha sollevato, in riferimento agli artt.
3, 29, 31 e 38 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 7, primo comma, n. 2, della legge 12 agosto
1962 n. 1338 (come riformulato dall'art. 24 della legge 30 aprile
1969 n. 153), nella parte in cui esclude dal diritto alla pensione
prevista dall'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (modificato
dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952 n. 218), il coniuge del
pensionato che abbia contratto matrimonio in età superiore a 72
anni, quando il matrimonio sia durato meno di due anni.
L'ordinanza premette che Stefania Parodi vedova Valle aveva, a
seguito del decesso in data 17 marzo 1984 del proprio coniuge,
presentato all'I.N.P.S. domanda per ottenere la pensione di
riversibilità, che peraltro era stata respinta dall'Istituto per
essere il matrimonio con il Valle (nato il 26 luglio 1908 e coniugato
con la Parodi il 31 gennaio 1983) durato meno di due anni, sicché
non sussistevano i requisiti di legge.
Secondo il giudice a quo la norma appare in contrasto con l'art. 3
della Costituzione, giacché introduce discriminazioni della cui
ragionevolezza è a dubitarsi anche alla luce dell'evolvere del costume sociale, apparendo carente di giustificazione la presunzione,
posta a fondamento della norma stessa, di non rispondenza del
matrimonio contratto dal pensionato di oltre 72 anni, qualora durato
meno di un biennio, ai contenuti ed agli scopi del vincolo coniugale.
Le limitazioni sarebbero, poi, in contrasto anche con i principi
di tutela del matrimonio e dell'istituto familiare posti dagli artt.
29 e 31 della Costituzione, per la remora alla formazione di un
nucleo familiare nei confronti di una categoria di soggetti
individuati solo in base all'età; in contrasto, infine, con l'art.
38 della Costituzione, atteso che viene negata, in assenza di una
apprezzabile esigenza di interesse generale, la garanzia
costituzionale di assistenza e previdenza che, anche nella pensione
di riversibilità, trova concreta attuazione.
A ulteriore sostegno delle motivazioni addotte rileva l'ordinanza
che, con sentenza n. 123 del 16 marzo 1990, è stata dichiarata la
illegittimità costituzionale dell'art. 81, terzo comma, del d.P.R.
29 dicembre 1973 n. 1092, che subordinava, appunto, il diritto alla
pensione di riversibilità per il coniuge superstite, in caso di
matrimonio avvenuto dopo la cessazione dal servizio e dopo il
compimento di 65 anni, alla condizione che il matrimonio fosse durato
almeno due anni.
2. - Con ordinanza emessa il 23 novembre 1990 (R.O. n. 67 del
1991) il Pretore di Torino, nel procedimento civile vertente tra
Margarete Palme ed I.N.P.S., ha dichiarato "infondata ma certo non in
maniera manifesta" la medesima questione di legittimità
costituzionale, senza peraltro indicare direttamente alcun parametro
di raffronto.
Premesso che Margarete Palme, coniugata in data 14 novembre 1979,
aveva chiesto la pensione di riversibilità a seguito della morte del
marito Luigi Sessa, nato il 18 agosto 1897 e deceduto il 18 novembre
1979, l'ordinanza, pur precisando di non condividere la
considerazioni formulate dalla Corte nella sentenza n.123 del 1990,
afferma nondimeno di non poter utilmente aggiungere nulla a quanto
forma oggetto della sentenza stessa.
3.1 - Con atto depositato il 15 febbraio 1991 - nel giudizio
iscritto al R.O. n. 67 del 1991 - si è costituita la Signora Palme
rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Cabibbo, insistendo
perché venga dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 24
della legge n. 153 del 1969 per violazione del principio di cui
all'art. 3 della Costituzione.
In entrambi i giudizi, con atto depositato, rispettivamente, il 5
febbraio e il 9 marzo 1991, si è costituito l'I.N.P.S. deducendo che
la pensione di riversibilità al coniuge superstite non può
assurgere a causa giustificativa di un sentito bisogno per la vita di
coppia ovvero per l'attuazione di una unione per meglio affrontare
insieme le esigenze quotidiane della esistenza.
D'altra parte, pur avendo previsto la sentenza della Corte n. 123
del 1990 un tendenziale avvicinamento fra il rapporto di lavoro
pubblico e privato, non risulta essersi ancora verificato un processo
di osmosi integrale fra i diversi tipi di rapporto.
Dal che discenderebbe che la disomogeneità fra lavoro pubblico e
privato comporta la non comparabilità degli specifici differenti
sistemi pensionistici, restando pertanto ininfluente, in punto, la
sentenza n. 123, inapplicabile ai trattamenti pensionistici previsti
dall'assicurazione generale obbligatoria.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze concernono identica questione: i relativi
giudizi vanno riuniti per formare oggetto di un'unica pronuncia.
2.1 - L'art. 7, primo comma, n. 2 della legge 12 agosto 1962, n.
1338 (Disposizioni per il miglioramento del trattamento di pensione
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i
superstiti) nel testo riformulato dall'art. 24 della legge 30 aprile
1969, n.153, recante revisione degli ordinamenti pensionistici e
norme in materia di sicurezza sociale, subordina il diritto alla
pensione di riversibilità per il coniuge, quando il lavoratore
pensionato abbia contratto matrimonio dopo il compimento del
settantaduesimo anno d'età, alla condizione che il matrimonio sia
durato almeno due anni.
2.2 - Il Pretore di Genova (ord. n. 758/90) dubita della
legittimità del disposto, assumendolo discriminatorio - ex art. 3
Cost. - e carente di ragionevole giustificazione la presunzione,
posta a fondamento della norma, di mancata rispondenza del
matrimonio, così contratto, ai contenuti e agli scopi del vincolo
coniugale. Le anzidette limitazioni si porrebbero in contrasto
altresì, secondo il remittente, tanto con i principi di tutela del
matrimonio e dell'istituto familiare posti dagli artt. 29 e 31 della
Costituzione, quanto - venendo meno la garanzia di assistenza e
previdenza - con quelli insiti nel successivo art. 38.
3. - La questione è fondata.
visualizza testo argomento La Corte ha avuto già modo di riconoscere ed affermare come nella
sfera personale di chi siasi risolto a contrarre il matrimonio non
possa, e non debba di conseguenza, sfavorevolmente incidere alcunché
che vi sia assolutamente estraneo, al di fuori cioè di quelle sole
regole, anche limitative, proprie dell'istituto: infatti, il relativo
vincolo, cui tra l'altro si riconnettono valori costituzionalmente
protetti, è e deve rimanere frutto di una libera scelta
autoresponsabile, attenendo ai diritti intrinseci ed essenziali della
persona umana e alle sue fondamentali istanze. In conclusione, esso
si sottrae a ogni forma di condizionamento indiretto ancorché
eventualmente imposto, in origine, dall'ordinamento.
Così, ricorda la Corte, sono stati già espunti, di recente,
dall'ordinamento medesimo disposizioni di stato, nell'ambito della
subordinazione militare, introducenti remore ostative alla libera
contrazione del vincolo (sentenza n. 73 del 1987); così, ancora,
normative consimili a quella ora in esame ed influenti sulla
regolamentazione previdenziale nell'area dell'impiego pubblico
(sentenza n. 123 del 1990). D'altronde, in punto di tale ultima
vicenda, si è rilevato come con il crescere dell'età media sempre
più va considerata, in tutte le sue implicazioni sociali, la
propensione da parte di soggetti in età non giovanile per un
rapporto di rimedio alla solitudine individuale.
Talché va osservato e riconfermato che per la loro immediata
incidenza sull'istituto matrimoniale, principi e disposizioni del
genere qui descritto si pongono del tutto irrazionali nel quadro
specifico, proprio al vincolo di coniugio.
Il che comporta, assorbita ogni altra prospettazione, anche per la
fattispecie odierna una declaratoria di illegittimità, ex art. 3
della Costituzione.
4. - Il Pretore di Torino (ord. n. 67 del 1991) solleva incidente
con analoghi contenuti. Tuttavia, il remittente, a parte il non aver
indicato i puntuali parametri costituzionali che si assumono violati,
dichiara espressamente "infondata, ma certo non in maniera manifesta,
la questione": la contraddittoria rimessione in tali ambigui termini
comporta l'inammissibilità dell'incidente medesimo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi, dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 7, primo comma, n. 2 della
legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento dei
trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per
l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti) nel testo sostituito con
l'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli
ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale),
sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe;
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, primo comma,
n. 2 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il
miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti) nel
testo sostituito con l'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153
(Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di
sicurezza sociale), sollevata dal Pretore di Genova con l'ordinanza
indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1991.

Il Presidente: GALLO
Il redattore: BORZELLINO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 2 maggio 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI

 
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