Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0450 del 1991 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di accoglimento parziale (o riduttiva)
Disposizione oggetto: legge 313/1968 art.44:
-Argomento della coerenza (orizzontale: interlegislativo)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.3 comma 1:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 450
SENTENZA 4-13 DICEMBRE 1991

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI; prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 44, ultimo
comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della
legislazione pensionistica di guerra), e dell'art. 40, terzo comma,
del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in
materia di pensioni di guerra) promossi con tre ordinanze emesse
dalla Corte dei conti iscritte rispettivamente ai nn. 410, 422 e 423
del registro ordinanze 1991 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali
della Repubblica nn. 23 e 25, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
relatore Giuseppe Borzellino;

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 22 novembre 1990 (R.O. n. 410) la Corte
dei conti - Sez. I Giurisdizionale per le pensioni di guerra - sul
ricorso proposto da Maria Lozito, vedova dell' ex militare Giacomo
Bassi, avverso il Ministero del Tesoro, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 29 e 31
della Costituzione, dell'art. 44, ultimo comma, della legge 18 marzo
1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di
guerra), nella parte in cui nega alla vedova il trattamento
pensionistico di guerra se il matrimonio è durato meno di un anno e
non sia nata prole.
Nota l'ordinanza che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.
123 del 1990, ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per
violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 81, terzo comma,
del d.P.R. 29 dicembre 1973 n.1092 (T.U. delle norme sul trattamento
di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nonché
dell'art. 6, sesto comma, della legge 22 novembre 1962, n.1646
(Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il
Ministero del tesoro) e dell'art. 10, settimo comma, della legge 6
agosto 1967, n. 699 (Disciplina dell'Ente "Fondo trattamento
quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto"), nella
parte in cui tali norme precludono alle vedove il diritto di
conseguire il trattamento pensionistico quando il matrimonio sia
durato meno di due anni.
Non sembra dubbio al Collegio che i principi desumibili da questa
sentenza possano essere estesi anche alle richiamate norme
dell'ordinamento pensionistico di guerra, nelle quali non è dato
rinvenire una ratio diversa da quella insita nelle disposizioni che
sono state caducate col citato giudizio di legittimità
costituzionale.
Anche nella pensionistica per causa bellica la limitazione di cui
si discute sarebbe riposta, infatti, nel volersi evitare iniziative
maliziose e fraudolente per l'erario; tuttavia, il mero decorso del
tempo - fissato in un anno - per il riconoscimento del diritto, con
un irrazionale collegamento unicamente ad accadimenti futuri ed
imprevedibili, sarebbe discriminatorio ex art. 3 della Costituzione,
con negativa incidenza anche sui valori inerenti alla compagine
familiare, protetti dai successivi artt. 29 e 31.
Ricordano, in proposito, i remittenti che è riconosciuto il
diritto a pensione in favore dei soggetti assimilati, in presenza di
procura alle nozze, ovvero per avvenute pubblicazioni matrimoniali,
come nel punto specifico riconosciuto dalla Corte costituzionale; ed
ancora, in caso di accertata e documentata convivenza preesistente.
Ed osserva il Collegio che l'ordinamento vigente mentre nei casi
enunciati privilegia la presunzione di un futuro matrimonio, al
contrario, ed è la situazione odierna, per l'ipotesi di nozze successive, discrimina la donna che abbia effettivamente contratto
sposalizio, sia pure successivamente alla data in cui sono state
contratte le ferite o malattie, per il solo fatto che esso ha avuto
una durata inferiore ad un anno senza che sia nata prole.
Con altre due ordinanze, emesse rispettivamente dalla Sezione III
giurisdizionale per le pensioni di guerra il 6 dicembre 1990 (R.O. n.
422 del 1991) nel giudizio proposto da Rina Ricci Mingani e dalla
Sezione IV giurisdizionale per le pensioni di guerra il 2 gennaio
1991 (R.O. n. 423 del 1991) nel giudizio proposto da Maria Danile, è
stata sollevata, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione,
analoga questione di legittimità del già menzionato art. 44, ultimo
comma, della legge 18 marzo 1968 n. 313, nonché (ord. n. 422)
dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo
unico della norme in materia di pensioni di guerra).

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze concernono identica questione: i relativi
giudizi vanno riuniti per formare oggetto di un'unica pronuncia.
2.1 - L'art. 44, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313
(Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) e l'art.
40, terzo comma, del successivo d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915
(Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra)
stabiliscono che il coniuge superstite ha diritto alla pensione di
guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in
cui sono state contratte dal dante causa le ferite o malattie, sia
durato in assenza di prole non meno di un anno.
2.2 - I giudici a quibus ravvisano confliggenti con gli artt. 3,
29 e 31 della Costituzione le disposizioni indicate poiché inerenti
a un rapporto - quello coniugale - non sottoponibile, in ordine alla
pensione, a limitazioni temporali.
3. - La questione è fondata.
visualizza testo argomento La Corte ha avuto già modo, recentemente, di riconoscere ed
affermare che nella sfera personale di chi siasi risolto al
matrimonio non possa, e non debba di conseguenza, sfavorevolmente
incidere alcunché di estraneo, al di fuori cioè di quelle sole
regole, anche limitative, proprie dell'istituto: il relativo vincolo,
cui tra l'altro si riconnettono valori costituzionalmente protetti,
è, e deve rimanere, frutto di una libera scelta autoresponsabile,
attenendo ai diritti intrinseci ed essenziali della persona umana e
alle sue fondamentali istanze. Esso si sottrae, dunque, ad ogni forma
di condizionamento indiretto ancorché eventualmente imposto, in
origine, dall'ordinamento.
Così, ricorda la Corte, sono state già espunte dall'ordinamento
medesime disposizioni di stato, nell'ambito delle subordinazioni
militari, che avevano introdotto remore alla libera determinazione
alle nozze (sent. n.73 del 1987); così ancora, normativa contigua a
quella ora in esame - durata nel tempo - influente sulla
regolamentazione pensionistica sia nell'area dell'impiego pubblico
che in quella del settore privato (sent. n.123 del 1990 e sent. n.189
del 1991).Né in contrario sembra validamente opponibile la differente
natura, certamente esistente, della pensione per causa bellica
rispetto a trattamenti a contenuto eminentemente previdenziale.
Si è infatti posto in luce più sopra che possibili
condizionamenti trascendono la specificità dell'istituto
pensionistico, assumendo una negativa connotazione nell'ordinamento
positivo in generale.
visualizza testo argomento D'altra parte, la normazione del settore riconosce, per talune
specifiche ipotesi, diverse dall'attuale ma che tuttavia dimostrano
il favor legislativo nell'area, il diritto a pensione addirittura per
soggetti che non avessero potuto contrarre - a causa degli eventi di
guerra - il matrimonio: l'antecedente procura alle nozze, l'accertata
precedente convivenza, ovvero - come introdotto da questa stessa
Corte con sentenza n. 5 del 1986 - le intervenute pubblicazioni
matrimoniali.Sicché, come è autorevolmente riconosciuto anche in dottrina, i
contenuti pensionistici in discorso non vanno ristretti all'ambito di
un mero presupposto assicurativo, restando anche positivamente
affermato, invece, che il relativo trattamento costituisce atto "di
solidarietà da parte dello Stato" (art. 1 d.P.R. n. 915 cit.) nei
confronti dei soggetti cui viene corrisposto; tant'è che, tra
l'altro, su di esso viene, poi, negativamente a incidere un nuovo
matrimonio (artt. 42 e 70 del d.P.R. n. 915).
Conclusivamente perciò, le disposizioni in esame si rivelano -
nel quadro proprio del vincolo di coniugio - in contrasto con i
parametri costituzionali invocati.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi dichiara l'illegittimità costituzionale
dell'art. 44, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313
(Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) e
dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo
unico delle norme in materia di pensioni di guerra) nella parte in
cui non consentono al coniuge superstite di fruire della pensione di
guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in
cui sono state contratte le ferite o malattie dalle quali è derivata
la morte del militare o del civile, sia durato, senza che sia nata
prole ancorché postuma, meno di un anno.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: BORZELLINO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI

 
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