Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0018 del 1992 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di inammissibilità per discrezionalità del legislatore
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.3 comma 1:
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (manca "norma a rime obbligate": no analogia iuris)

N. 18
SENTENZA 22-24 GENNAIO 1992

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: prof. Giuseppe BORZELLINO;
Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 227 della legge
19 maggio 1975, n. 151, (Riforma del diritto di famiglia) e degli
artt. 167, secondo comma, 170 e 175 del codice civile, nella
formulazione anteriore alla predetta legge di riforma, promosso con
ordinanza emessa l'11 aprile 1991 dalla Corte di Appello di Reggio
Calabria nel reclamo proposto da Ada Guerrisi, iscritta al n. 518 del
registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Udito nella camera di consiglio del 18 dicembre 1991 il Giudice
relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa l'11 aprile 1991 sul reclamo proposto da
Ada Guerrisi, la Corte di appello di Reggio Calabria ha sollevato di
ufficio questione di legittimità costituzionale, con riferimento
(non espresso in dispositivo, ma chiaramente desumibile dal contesto
dell'ordinanza) agli artt. 3 e 29 della Costituzione, dell'art. 227
della legge 19 maggio 1975, n. 151, nella parte in cui sancisce
l'ultrattività della normativa in materia di patrimonio familiare, e
degli artt. 167, secondo comma, 170 e 175 del codice civile - nella
formulazione anteriore alla predetta legge di riforma, ma tuttora
applicabili in virtù della richiamata disposizione transitoria -
"nella parte in cui stabiliscono l'indisponibilità dei beni
costituenti il patrimonio familiare sino allo scioglimento del
matrimonio, indipendentemente da ogni valutazione in ordine
all'effettiva rispondenza del vincolo ai reali bisogni della famiglia
e nonostante la mancanza di figli minori".
Secondo il giudice rimettente, la conservazione del vincolo di
indisponibilità per i soli rapporti patrimoniali pregressi, essendo
destinata a perpetuarsi sino allo scioglimento del matrimonio,
indipendentemente dalla possibilità di verificare la sua effettiva
rispondenza ai reali bisogni della famiglia, sarebbe incompatibile
con l'assetto dei rapporti patrimoniali introdotto dalla legge di
riforma del diritto di famiglia che, anche attraverso il divieto di
costituzione di nuove doti (art. 166- bis del codice novellato) e il
nuovo regime del fondo patrimoniale, ha ripudiato ogni forma
d'immobilizzazione dei beni familiari. Quello del patrimonio
familiare è - avverte il giudice a quo - un istituto che si riporta
alle esigenze di una economia prevalentemente agraria, non più in
linea col dinamismo caratterizzante gli odierni rapporti economici,
che richiedono invece pronta disponibilità di capitali da
utilizzare, nell'interesse stesso della famiglia, in più proficue e
redditizie forme speculative, il cui perseguimento è spesso
incompatibile coi tempi tecnici necessari per ottenere
l'autorizzazione giudiziale prevista, in caso di necessità,
dall'art. 170 (vecchia formulazione) del codice civile. In ogni caso,
poi, l'istituto del patrimonio familiare sarebbe estraneo al
generalizzato modo di intendere l'interesse materiale della famiglia,
la cui migliore garanzia è, semmai, proprio la libera disponibilità
dei beni per far fronte, specie in mancanza di figli minori, ai
bisogni familiari con tutte le sostanze disponibili.
A parere del giudice rimettente, la disciplina transitoria
dell'art. 227 della legge n. 151 del 1975 introdurrebbe
un'incomprensibile disparità di trattamento, pur in presenza di
identiche situazioni sostanziali, rispetto al nuovo e corrispondente
istituto del fondo patrimoniale che, all'art. 169 (nuova
formulazione) del codice civile, consente in definitiva la libera
alienazione dei beni, ove ricorra il consenso dei coniugi e non vi
siano figli minori. Né la ultrattività della disciplina del
patrimonio familiare per i rapporti pregressi sembra, a parere del
giudice a quo, giustificata da effettive esigenze di diritto
transitorio, in considerazione della scarsa applicazione pratica
dell'istituto, già in passato descritto dalla dottrina come un regime patrimoniale "per ricchi". Peraltro, ove tale ultrattività
fosse da considerare razionale, comunque le disposizioni di cui agli
artt. 167, secondo comma, 170 e 175 (vecchia formulazione)
presenterebbero specifici profili di irragionevolezza, "conseguenti
al mantenimento della previgente disciplina nel nuovo corpus
normativo introdotto dalla legge di riforma in piena sintonia con i
princip/' costituzionali vigenti in materia".
Infatti le norme richiamate prevedono l'indisponibilità dei beni
costituenti il patrimonio familiare sino alla naturale cessazione
prevista dall'art. 175, indipendentemente da ogni verifica della
rispondenza del vincolo alla obiettiva utilità della famiglia che,
per una preesistente o già conseguita prosperità economica,
potrebbe anche non sussistere in concreto. Inoltre, allorché i beni
costituiti in patrimonio familiare appartengano in proprietà ad uno
solo dei coniugi, il mantenimento di un vincolo d'indisponibilità
soltanto a carico dei beni di quest'ultimo appare al giudice
rimettente incompatibile col principio di eguaglianza fra i coniugi
espresso dall'art. 29, secondo comma, della Costituzione, né trova
alcuna giustificazione in ragioni di garanzia dell'unità familiare.

Considerato in diritto

1. - La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza dell'11
aprile 1991 (R.O. n. 518 del 1991), con riferimento all'art. 3, sotto
il profilo della ragionevolezza e della eguaglianza, e all'art. 29,
secondo comma, della Costituzione, sotto quello dell'eguaglianza morale e giuridica fra i coniugi, solleva d'ufficio questione di
legittimità costituzionale dell'art. 227 della legge 19 maggio 1975,
n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), nella parte in cui sancisce
l'ultrattività della normativa in materia di patrimonio familiare, e
degli artt. 167, secondo comma, 170 e 175 del codice civile, nella
formulazione anteriore alla legge di riforma del diritto di famiglia,
e tuttora applicabili in virtù della impugnata disposizione
transitoria, "nella parte in cui stabiliscono l'indisponibilità dei
beni costituenti il patrimonio familiare sino allo scioglimento del
matrimonio, indipendentemente da ogni valutazione in ordine
all'effettiva rispondenza del vincolo ai reali bisogni della famiglia
e nonostante la mancanza di figli minori".
2. - La questione è inammissibile.
Il giudice a quo ritiene che l'art. 227 della legge 19 maggio
1975, n. 151, disponendo che "le doti e i patrimoni familiari
costituiti prima dell'entrata in vigore della presente legge
continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori", determini
una irragionevole disparità di trattamento rispetto a identiche
situazioni sostanziali. Il criterio della immobilizzazione dei beni
conferiti in patrimonio familiare, cui si ispira il codice civile del
1942, reso ultrattivo dalla impugnata norma, sarebbe incompatibile
con quello opposto, della alienabilità, che contraddistingue il
corrispondente istituto del fondo patrimoniale, introdotto dalla
novella del 1975.
La incompatibilità consisterebbe nel carattere anacronistico dei
contenuti normativi, resi tuttora vigenti dalla disciplina
transitoria, corrispondenti alla trascorsa realtà di una società ad
economia prevalentemente rurale, irragionevolmente trattenuti in un
contesto, quale quello odierno, in cui non immobilizzo, ma mobilità
e rapido reinvestimento di capitali possono garantire la prosperità
materiale della famiglia. Ingiustificata apparirebbe inoltre la
scelta legislativa di un diritto transitorio per conservare un
istituto adottato dalla prassi negoziale in frequenze esigue.
3. - visualizza testo argomento Il giudice rimettente sembra chiedere a questa Corte una
pronuncia additiva che applichi la disciplina prevista dall'art. 169
del codice civile novellato, per l'alienazione dei beni del fondo
patrimoniale, in luogo del regime stabilito per il patrimonio
familiare dall'art. 170 del previgente codice civile. Ma tale
operazione, coinvolgente anche gli articoli 167, secondo comma, e
175, del previgente codice civile, equivarrebbe ad una abrogazione
dell'istituto del 1942, di cui il legislatore del 1975, invece, ha
statuito la conservazione a titolo transitorio, nei casi in cui i
privati hanno ritenuto di adottarlo prima dell'entrata in vigore
della riforma del diritto di famiglia, in evidente ossequio al
principio di diritto intertemporale della immutabilità delle
convenzioni matrimoniali in precedenza stabilite. Un intervento di
tale ampiezza testuale e di tale portata normativa appartiene alla
tecnica della produzione legislativa e non a quella del giudice delle
leggi.
Si impone peraltro come ratio decidendi per la inammissibilità
della questione la considerazione della molteplicità delle soluzioni
riservate alla insindacabile discrezionalità del legislatore (cfr.
sentenza n. 194 del 1984), per consentire lo smobilizzo di capitali
fruttiferi, perdurando o essendo cessata la causa utilitatis del
vincolo nelle ipotesi in cui ciò meglio corrisponda agli interessi
della famiglia o dei suoi componenti, senza necessariamente
rinunciare a conservare la distinzione tra le due figure del
patrimonio familiare e del fondo patrimoniale.
per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 227 della legge 19 maggio 1975, n. 151
(Riforma del diritto di famiglia), e degli artt. 167, secondo comma,
170 e 175 del codice civile, nella formulazione anteriore alla legge
di riforma del diritto di famiglia, sollevata d'ufficio, in relazione
agli artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di
Appello di Reggio Calabria, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1992.

Il Presidente: BORZELLINO
Il redattore: CASAVOLA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 24 gennaio 1992.
Il cancelliere: DI PAOLA

 
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