Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0183 del 1994 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di rigetto
Disposizione oggetto: legge 357/1974 art.2:
-Argomento psicologico (ricorso alla volontà del legislatore concreto)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.29 comma 1:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 183
SENTENZA 9-16 MAGGIO 1994

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI,
dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco
GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 della
Convenzione Europea in materia di adozione dei minori del 24 aprile
1967 e ratificata con legge 22 maggio 1974, n. 357, promosso con
ordinanza emessa il 9 luglio 1993 dalla Corte d'appello di Roma -
sezione minorenni sul ricorso proposto da Di Lazzaro Dalila, iscritta
al n. 732 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno
1993;
Visti l'atto di costituzione di Di Lazzaro Dalila nonché l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1994 il Giudice relatore
Luigi Mengoni;
Uditi gli avvocati Donella Resta e Maretta Scoca per Di Lazzaro
Dalila e l'Avvocato dello Stato Antonino Freni per il Presidente del
Consiglio dei ministri;

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio di reclamo promosso contro un
decreto del Tribunale dei minorenni di Roma che ha dichiarato
inammissibile la domanda di adozione di un minore presentata da una
persona singola in base all'art. 6 della convenzione europea in
materia di adozioni di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967
e ratificata dall'Italia con legge 22 maggio 1974, n. 357, la Corte
d'appello di Roma (sezione minorenni), con ordinanza del 9 luglio
1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 29 e 30 Cost.,
questione di legittimità costituzionale della citata norma
internazionale pattizia, "nella parte in cui permette senza limiti
l'adozione di un minore di età da parte di un solo adottante".
Ad avviso del giudice remittente: a) l'art. 6, comma 1, della
convenzione vincola le legislazioni degli Stati aderenti ad ammettere
in generale l'adozione di minori anche da parte di persone singole;
b) il contenuto della norma pattizia è tale che, in virtù
dell'ordine di esecuzione, essa ha acquistato forza autoapplicativa
nell'ordinamento interno nell'ambito del sistema di adozione dei
minori in stato di abbandono regolato dalla legge italiana; c)
l'ordine di esecuzione "conferisce natura speciale alle norme
pattizie e le rende immodificabili da leggi successive", onde l'art.
6, comma 1, della convenzione di Strasburgo non può ritenersi
abrogato in parte qua dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, che, salvo
casi particolari, non consente l'adozione di minori se non a due
persone unite in matrimonio.
Ciò premesso, l'ordinanza ritiene la norma in discorso
contrastante: con la nozione di famiglia, quale società naturale
fondata sul matrimonio, consacrata nell'art. 29 Cost.; con l'art. 30
Cost., che tutela l'interesse del minore ad essere allevato ed
educato da entrambi i genitori; conseguentemente anche col principio
di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in quanto contraddice la
finalità dell'adozione dei minori di procurare all'adottato
l'inserimento in un ambiente familiare idoneo.
2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è
costituita la parte privata concludendo per la manifesta infondatezza
della questione.
L'istante condivide l'opinione che l'art. 6, comma 1, della
convenzione non conceda spazi di discrezionalità alle legislazioni
nazionali e perciò sia immediatamente applicabile nell'ordinamento
interno: l'adozione di minori deve essere ammessa sia da parte di
coppie sposate, sia da parte di persone singole, restando esclusa
soltanto la legittimazione di coppie non unite in matrimonio.
Contesta, però, la pretesa contrarietà della norma a principi della
nostra Costituzione. Il criterio dell'imitatio naturae, che informa
l'istituto dell'adozione legittimante, non ha un valore assoluto né
in relazione all'art. 29 Cost., come si argomenta dall'art. 25,
quarto e quinto comma, della legge n. 184 del 1983, che prevede la
possibilità di disporre l'adozione anche se durante l'affidamento
preadottivo uno dei coniugi muore o diventa incapace oppure
interviene separazione, né in relazione all'art. 30, il quale tutela
l'interesse del minore ad essere allevato ed educato in seno alla
propria famiglia, ma, ove ciò non sia possibile, non esige
incondizionatamente l'affidamento a un'altra famiglia come strumento
di assolvimento dei compiti dei genitori. Non è escluso che, secondo
le circostanze del caso, l'interesse a uno sviluppo armonioso della
personalità del minore possa essere soddisfatto anche affidandolo a
una persona singola. Per le medesime ragioni cadrebbe anche la
censura di violazione del principio di razionalità.
In un'ampia memoria depositata nell'imminenza dell'udienza di
discussione la parte privata ha svolto ulteriori considerazioni sui
punti del vincolo degli Stati aderenti ad adottare tutte le soluzioni
consentite dall'art. 6 della convenzione e del carattere
autoapplicativo della norma pattizia. Si osserva in particolare che
l'Italia al momento del deposito della ratifica non ha formulato
nessuna riserva per quanto concerne l'art. 6.
3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
sia dichiarata inammissibile.
Secondo l'interveniente la norma impugnata non è autoapplicativa:
essa delimita l'ambito delle scelte legislative in ordine alla
legittimazione attiva all'adozione di minori senza vincolare gli
Stati aderenti alla convenzione ad ammettere tutte le soluzioni
consentite. Perciò l'art. 6 della legge n. 184 del 1983, che ha
adattato la convenzione di Strasburgo al nostro ordinamento, non ha
violato l'art. 6 nell'ammettere soltanto la prima delle due alternative ivi consentite, salve le eccezioni degli artt. 25 e 44.

Considerato in diritto

1. - La Corte d'appello di Roma - sezione minorenni ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della
convenzione europea in materia di adozioni di minori, firmata a
Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata dall'Italia con legge 22
maggio 1974, n. 357, "nella parte in cui permette senza limiti
l'adozione di un minore da un solo adottante". Più esattamente, deve
intendersi impugnata in parte qua la disposizione della citata legge
di ratifica che ha conferito efficacia nell'ordinamento interno
all'art. 6 della Convenzione (cfr. sentenze nn. 20 del 1966, 132 del
1985, 128 del 1987).
Ad avviso del giudice rimettente "la menzionata disposizione
dell'art. 6 della convenzione di Strasburgo non può ritenersi
abrogata dalla successiva legge 4 maggio 1983, n. 184", che limita a
casi particolari la possibilità di adozione del minore da parte di
una singola persona, "né possono essere consentiti dubbi sulla sua
applicazione immediata, atteso che il legislatore italiano ha
completamente regolato il complesso sistema di adozione dei minori in
stato di abbandono".
Ciò premesso, la norma denunciata, in quanto "esclude ogni limite
a che l'adozione avvenga anche da parte di un singolo adottante", è
ritenuta contrastante con gli artt. 3, 29 e 30 Cost., a stregua dei
quali l'adozione legittimante, giusta il criterio dell'imitatio
naturae, deve essere "ispirata all'intento di dare una famiglia al
minore che ne è privo, garantendogli tranquillità, benessere e sana
educazione". Questo criterio esige che, di regola, "ad adottare sia
una coppia di coniugi avente una comunanza continuativa di vita e
adeguate capacità educative".
2. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilità della
questione per irrilevanza, "non essendo la disposizione pattizia,
alla quale è riferita, di immediata applicazione e non impegnando
comunque il legislatore nazionale a scelte in contrasto con le
richiamate norme costituzionali, ma offrendo la possibilità di
scegliere, tra quelle consentite, la soluzione ad esse più
rispondente".
L'eccezione non può essere accolta. Ai fini dell'ammissibilità
della questione l'ordinanza di rimessione ha adeguatamente motivato
sul punto della rilevanza muovendo da premesse ermeneutiche non
manifestamente implausibili (cfr., da ultimo, sentenze nn. 134 e 173
del 1994; 103, 238, 323, 345 del 1993; 436 del 1992).
3. - Nel merito la questione non è fondata.
È certo che l'art. 6 della convenzione non è stato abrogato, né
in tutto né in parte, dalla legge n. 184 del 1983, ma è altrettanto
certo che la norma pattizia non conferisce immediatamente ai giudici
italiani competenti il potere di concedere l'adozione di minori a
persone singole fuori dai limiti entro cui tale potere è attribuito
dalla legge nazionale, e nemmeno può essere interpretata nel senso
di vincolare il legislatore italiano ad ammettere senza limiti
l'adozione del singolo.
Destinatari immediati della norma contenuta nell'art. 6 sono i
legislatori nazionali: "la legislazione non può permettere
l'adozione di un minore che da parte di due persone unite in
matrimonio, sia simultaneamente sia successivamente, o da parte di un
solo adottante". Agli Stati firmatari è impartito il divieto di
permettere l'adozione di minori da parte di coppie non sposate e
insieme attribuita la facoltà di permettere l'adozione di minori,
oltre che da coppie sposate, anche da persone singole, coniugate o
no.
visualizza testo argomento L'interpretazione letterale, che ravvisa nell'art. 6 un solo
principio vincolante per gli Stati aderenti, cioè l'interdizione
dell'adozione da parte di coppie non sposate, risponde al criterio
ermeneutico desumibile dal rapport explicatif del Consiglio d'Europa
(promotore della Convenzione), il quale chiarisce che non si tratta
di una convenzione di diritto uniforme, bensì di "una convenzione
contenente un minimo di principi essenziali cui ciascuna Parte
contraente darà effetto" (punto 4), e trova esplicita conferma nel
commento all'art. 6, dove si precisa che il paragrafo 1 non rende
obbligatoria l'introduzione dell'adozione da parte di una persona
sola (punto 23).4. - In quanto attribuisce al legislatore nazionale una semplice
facoltà, la norma in esame non è, per definizione, autoapplicativa,
ossia direttamente applicabile nei rapporti intersoggettivi privati,
occorrendo a tale effetto l'interposizione di una legge interna che
determini i presupposti di ammissione e gli effetti dell'adozione da
parte di una persona singola. La tesi sostenuta nell'ordinanza di
rimessione, secondo cui l'art. 6 della convenzione potrebbe trovare
in parte qua applicazione immediata attraverso gli organi e le procedure previsti dalla legge n. 184 del 1983, è legata alla premessa,
sopra confutata, che interpreta l'art. 6 come norma che sul punto in
discorso impone agli Stati un obbligo anziché una mera facoltà.
Di tale facoltà la legge n. 184 del 1983 si è avvalsa entro
limiti ristretti, ammettendo l'adozione soltanto in speciali
circostanze (art. 25, quarto e quinto comma) o "in casi particolari"
(art. 44), e in questi ultimi senza gli effetti dell'adozione piena.
La norma convenzionale rimane in vigore come norma che autorizza il
legislatore, se lo riterrà opportuno, ad ampliare l'ambito di
ammissibilità dell'adozione di un minore da parte di un solo
adottante, qualificandola in ogni caso con gli effetti dell'adozione
legittimante. In questo senso è orientato il progetto di riforma
redatto nel 1992 dalla Commissione ministeriale per la modifica ed
integrazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, istituita dal
Ministro di grazia e giustizia.
5. - visualizza testo argomento I principi costituzionali richiamati nell'ordinanza di
rimessione non vincolano l'adozione dei minori al criterio
dell'imitatio naturae in guisa da non consentire l'adozione da parte
di un singolo se non nei casi eccezionali in cui è oggi prevista
dalla legge n. 184 del 1983. Essi esprimono una indicazione di
preferenza per l'adozione da parte di una coppia di coniugi, essendo
prioritaria "l'esigenza, da un lato, di inserire il minore in una
famiglia che dia sufficienti garanzie di stabilità, e dall'altro di
assicurargli la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di
entrambe le figure dei genitori" (sent. n. 198 del 1986). A questa
indicazione è conforme la convenzione di Strasburgo: l'art. 6,
spiega la citata relazione esplicativa (punto 23), "prevede,
nell'ordine delle preferenze generalmente ammesse, prima l'adozione
da parte di una coppia, poi l'adozione da parte di una persona
singola", e il successivo art. 8, par. 2, dispone che l'autorità
competente degli Stati "annetterà una particolare importanza a ciò,
che l'adozione procuri al minore un foyer stable et harmonieux" (cfr.
sentenza n. 11 del 1981).
Fermo questo criterio di preferenza (ribadito nel preambolo della
Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo,
ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176), gli artt.
3, 29 e 30 Cost. non si oppongono a un'innovazione legislativa che
riconosca in misura più ampia la possibilità che, nel concorso di
speciali circostanze, tipizzate dalla legge stessa o rimesse volta
per volta al prudente apprezzamento del giudice, l'adozione da parte
di una persona singola sia giudicata la soluzione in concreto più
conveniente all'interesse del minore.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2 della legge 22 maggio 1974, n. 357, nella parte in cui
dà esecuzione all'art. 6 della Convenzione europea in materia di
adozione di minori (firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967),
sollevata dalla Corte d'appello di Roma - sezione minorenni con
l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 maggio 1994.

Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 16 maggio 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

 
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