Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0258 del 1996 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia additiva di regola
Disposizione oggetto: codice civile art.156 comma 6:
-Argomento sistematico: c) concettualistico (argomento dogmatico)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.29 comma 1:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 258
SENTENZA 10-19 LUGLIO 1996

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare
MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott.
Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 156, sesto
comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 25 luglio
1995 dal giudice istruttore del tribunale di Napoli nel procedimento
civile vertente tra Randolo Nunzia e Nardi Luigi, iscritta al n. 812
del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1996 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio di separazione personale tra coniugi,
il giudice istruttore del Tribunale di Napoli ha sollevato questione
di legittimità costituzionale dell'art. 156, sesto comma, del codice
civile, nella parte in cui non prevede che tale giudice possa
adottare, nel corso della causa di separazione, il provvedimento di
sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato.
Rileva il giudice a quo che la corretta interpretazione della norma
impugnata, compiuta alla luce della giurisprudenza della Corte di
cassazione, porta ad escludere che il giudice istruttore possa
emettere in corso di causa il provvedimento di sequestro in oggetto,
poiché l'art. 156 cod. civ. presuppone l'accertamento dell'avvenuto
inadempimento degli obblighi già fissati con la sentenza di
separazione. L'eccezionalità della misura in questione, d'altronde,
non suscettibile di interpretazione analogica, porta ad escludere che
al sequestro de quo possa applicarsi il nuovo rito previsto per i
procedimenti cautelari, non rientrando tale ipotesi nel generico
richiamo di cui all'art. 669-quaterdecies cod. proc. civ.
Tanto premesso, il giudice a quo, richiamata la sentenza n. 278 del
1994 di questa Corte, nella quale si ravvisa un precedente del tutto
simile al caso di specie, osserva che l'esclusione di tale potere per
il giudice istruttore verrebbe a collidere con gli artt. 3, 29, 30 e
31 della Costituzione, poiché il coniuge in difficoltà si
troverebbe nella concreta impossibilità di ottenere il sequestro
durante la fase istruttoria, non potendosi neppure applicare la norma
generale di cui all'art. 671 cod. proc. civ., dal momento che il
sequestro conservativo si fonda su presupposti del tutto differenti.
In ordine al requisito della rilevanza, il giudice a quo precisa
che, nel caso di specie, egli era stato investito di una richiesta di
sequestro molto probabilmente fondata, poiché il marito aveva
ammesso in udienza di non corrispondere l'assegno di mantenimento
alla moglie.
Nessun dubbio può sorgere, infine, a parere del giudice
rimettente, relativamente alla possibilità per il giudice istruttore
di sollevare la questione, poiché l'oggetto del contendere è
proprio il mancato riconoscimento di una sua competenza.
2. - Non si sono costituite le parti private, né ha spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Il giudice istruttore del tribunale di Napoli solleva
questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt.
3, 29, 30 e 31 della Costituzione, dell'art. 156, sesto comma, del
codice civile, nella parte in cui non prevede che tale giudice possa
adottare, nel corso della causa di separazione personale tra coniugi,
il provvedimento di sequestro di parte dei beni del coniuge
obbligato.
2. - Va innanzitutto ricordato che questa Corte si è recentemente
pronunciata sul problema della legittimazione del giudice istruttore
a sollevare questioni di costituzionalità (sentenza n. 278 del
1994); in quella occasione la Corte, ribadendo un consolidato
orientamento (v. sentenza n. 234 del 1992, ordinanza n. 341 del 1993
e, da ultimo, ordinanza n. 503 del 1995), ha chiarito che, se
normalmente il giudice istruttore viene ritenuto legittimato a
sollevare le questioni di legittimità costituzionale relative alle
norme di cui egli può fare applicazione per l'emanazione di
provvedimenti di sua competenza, non si può escludere la sua
legittimazione qualora l'oggetto della questione sia proprio il
riconoscimento delle competenze dello stesso giudice istruttore. In
altri termini, se a quest'ultimo fosse già riconosciuto il
presupposto della competenza ad emanare quel provvedimento, non
sussisterebbe la questione di costituzionalità, mentre se fosse
necessario estendere tale competenza, non ci sarebbe nessun giudice
legittimato a sollevare la questione medesima.
L'ordinanza di rimessione è anche sufficientemente motivata in
ordine alla rilevanza della questione.
3. - Nel merito, la questione è fondata.
Con la citata sentenza n. 278 del 1994 questa Corte ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 156, sesto comma, del
codice civile, nella parte in cui non prevede che il giudice
istruttore possa adottare nel corso della causa di separazione il
provvedimento con il quale si ordina ai terzi debitori del coniuge
obbligato al mantenimento di versare una parte delle somme
direttamente agli aventi diritto.
In tale pronuncia è stato rilevato che i provvedimenti
presidenziali hanno forza esecutiva anche per gli obblighi economici
con essi stabiliti, e che il loro inadempimento può determinare
effetti gravemente pregiudizievoli per i componenti della famiglia,
analogamente a quanto previsto per gli obblighi fissati con la
sentenza di separazione personale e per i casi di cui agli artt. 146
e 148 cod. civ. in regime di convivenza.
È stato anche considerato che la competenza ad emanare il predetto
ordine di distrazione si configura normalmente come accessoria a
quella relativa alla determinazione ed alla modifica della misura
delle somme dovute per il mantenimento e, soprattutto, che tale
ordine coercitivo risponde alla stessa ratio di dare effettiva
soddisfazione ai provvedimenti giudiziali; si perviene così alla
conclusione che, per evitare la disparità di trattamento degli
aventi diritto al mantenimento prima e dopo la sentenza di
separazione, ed apprestare un rimedio efficace all'inadempimento di
obblighi costituzionalmente tutelati, va riconosciuta anche al
giudice istruttore la competenza ad emettere la misura della
distrazione.
4. - Ora, come si rileva correttamente nell'ordinanza di
rimessione, visualizza testo argomento le ragioni che hanno indotto la Corte a dichiarare
l'illegittimità dell'art. 156, sesto comma, del codice civile, nella
parte relativa all'ordine di distrazione delle somme dovute, non
possono non valere anche per la parte relativa allo speciale potere
di sequestro dei beni del coniuge obbligato, previsto dal medesimo
comma. Entrambe le misure coercitive rispondono infatti alla ratio di
dare tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di
mantenimento del coniuge bisognoso e, soprattutto, dei figli minori,
esigenze penalmente tutelate che sussistono anche prima della
sentenza di separazione in relazione agli obblighi di mantenimento
stabiliti in sede presidenziale. L'omogeneità di dette situazioni
postula un eguale trattamento, mancando un valido motivo che
giustifichi una diversità di disciplina.
5. - Viene espressa in dottrina qualche perplessità in relazione
al quesito se il giudice istruttore, durante il procedimento di
separazione personale, non disponga già di poteri sostanzialmente
equivalenti a quelli dei quali si chiede ora il riconoscimento, cioè
di poteri che gli consentano di tutelare in maniera adeguata la
posizione degli aventi diritto al mantenimento. Ci si domanda
comunque, se il sistema normativo in questa materia esiga di
estendere al giudice istruttore, con sentenza additiva, la ulteriore
facoltà di disporre la misura di cui all'art. 156 cod. civ.,
superando il dubbio circa una possibile sovrapposizione o
sovrabbondanza di strumenti di tutela per l'adempimento degli
obblighi di mantenimento a favore dei componenti più bisognosi della
famiglia.
In realtà, prima della riforma del diritto di famiglia del 1975 si
affermava che al presidente del tribunale, in sede di provvedimenti
temporanei e urgenti (art. 708 del codice di procedura civile), ed al
giudice istruttore, ove sopravvengano nuovi elementi, non si potesse
certo negare la facoltà di disporre anche un sequestro conservativo;
tale eventualità (relativamente cioè al normale sequestro
conservativo) appare ammissibile anche dopo la novella in materia di
procedimenti cautelari introdotta con la legge 26 novembre 1990, n.
353.
Peraltro la dottrina dominante e la giurisprudenza, anche di
legittimità, ritengono che il provvedimento previsto dall'art. 156
cod. civ. - ancorché denominato "sequestro" - abbia caratteri del
tutto peculiari rispetto all'ordinario sequestro conservativo
disciplinato dagli artt. 671 e seguenti del codice di procedura
civile.
Va riconosciuto, in effetti, che tra le due misure ora indicate
esistono significative differenze. Mentre il sequestro conservativo
presuppone, secondo una consolidata tradizione, la sussistenza del
fumus boni iuris e del periculum in mora, il provvedimento previsto
dall'art. 156 cod. civ. presuppone un credito già dichiarato, sia
pure in via provvisoria, e può essere disposto pur in mancanza del
secondo di detti requisiti, sulla base della semplice inadempienza
agli obblighi di mantenimento. Il sequestro conservativo, poi, può
essere concesso anche prima dell'inizio della causa di merito, mentre
l'applicabilità della misura in esame è stata subordinata dal
legislatore alla conclusione del giudizio di separazione (e ora si
intende riconoscerla anche nel corso del giudizio).
Ciò comporta, tra l'altro, che, mentre il sequestro conservativo
ha un'efficacia strettamente connessa all'esito del parallelo
giudizio di merito (art. 669-novies cod. proc. civ.) e può colpire
anche tutti i beni mobili ed immobili del debitore, avendo natura di
mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale finalizzato al
pignoramento, la misura di cui all'art. 156 cod. civ. può invece
riguardare soltanto "parte dei beni" del coniuge obbligato, non può
convertirsi in pignoramento e non ha natura cautelare, essendo
finalizzata, come ha riconosciuto la Corte di cassazione, ad una
funzione di coazione, anche psicologica, all'adempimento degli
obblighi di mantenimento posti a carico di uno dei coniugi.
6. - visualizza testo argomento Per le differenze ora tratteggiate, detto provvedimento non si
sovrappone al sequestro conservativo, né è possibile ricomprenderlo
nel richiamo che l'art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. fa alle
cosiddette misure cautelari atipiche. Ne deriva che, come si rileva
nell'ordinanza di rimessione, il diverso "sequestro" in esame è
illegittimamente escluso dalla competenza del giudice istruttore.
Tale esclusione è ancor più censurabile ove si pensi che il
provvedimento previsto dall'art. 156, sesto comma, cod. civ. si
configura con tali aspetti di specialità da doversi ritenere di
applicazione prevalente, se non esclusiva, in sede di separazione
personale tra coniugi, rispetto all'ordinario sequestro conservativo.
La sua ammissibilità deve essere quindi riconosciuta per coerenza
con la già riconosciuta ammissibilità dell'ordine di distrazione
previsto dalla stessa norma e per rispetto dei principi
costituzionali invocati.
Resta ovviamente affidato alla saggia valutazione del giudice
istruttore bilanciare in modo equilibrato l'uso dei vari strumenti
offerti dalla legge per conseguire il risultato di soddisfare nel
modo migliore le ragioni economiche dei componenti più bisognosi
della famiglia.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 156, sesto
comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il
giudice istruttore possa adottare, nel corso della causa di
separazione, il provvedimento di sequestro di parte dei beni del
coniuge obbligato al mantenimento.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1996.

Il Presidente: Ferri
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 19 luglio 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola

 
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