Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0270 del 1999 inserita nel sistema il 9/11/2012
Pronuncia: Pronuncia additiva di principio
Disposizione oggetto: legge 1204/1971 art.4 comma 1 comma c:
-Argomento letterale (considerazioni di ordine sintattico grammaticale)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.3 comma 2:
-Argomento della coerenza (verticale: interpretazione adeguatrice a norme sovranazionali o internazionali)
Disposizione parametro: Costituzione della Repubblica art.37:
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (manca "norma a rime obbligate": no analogia iuris)

N. 270
SENTENZA 24-30 GIUGNO 1999

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma,
lettera c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle
lavoratrici madri), promosso con ordinanza emessa il 15 giugno 1998
dal pretore di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Crosera
Laura e l'Istituto Scolastico Suore Sacramentine ed altro iscritta al
n. 827 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno
1998.
Visto l'atto di costituzione dell'INPS;
Udito nella Camera di consiglio del 24 marzo 1999 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso per l'accertamento del
diritto di avvalersi dell'astensione obbligatoria dal lavoro, il
pretore di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza
del 15 giugno 1998 (r.o. n. 827 del 1998), ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 29, primo
comma, 30, primo comma, 31 e 37 della Costituzione, dell'art. 4,
primo comma, lettera c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela
delle lavoratrici madri).
Il rimettente dubita della legittimità costituzionale della
disposizione citata, atteso che vi sarebbe violazione del principio
della parità di trattamento tra le fattispecie di parto a termine e
parto prematuro poiché sarebbe adeguatamente tutelato solo il primo
e non anche il secondo; sarebbe altresì pregiudicato il valore
costituzionale della protezione della famiglia e quello della tutela
del minore, in quanto la disposizione denunciata non consentirebbe,
nel caso di parto prematuro, la frazionabilità dell'astensione
obbligatoria e la decorrenza di parte della stessa dalla data di
ingresso del bambino nella famiglia o quanto meno dalla data prevista
del parto, anziché da quella reale, così da consentire un'adeguata
tutela della puerpera, costretta invece a beneficiare di
un'aspettativa eccessiva con sacrificio degli altri interessi di
rilevanza costituzionale sopra illustrati.
Osserva il rimettente che l'istituto dall'astensione obbligatoria
dal lavoro di cui alla legge citata ha subito nel tempo un'evoluzione
legislativa e giurisprudenziale che ne ha esteso l'originaria ratio
di tutela a favore della puerpera, anche al minore e più in generale
alla famiglia nel delicato momento dell'ingresso in essa del neonato.
Da ciò conseguirebbe, che la disposizione censurata, a tenore
della quale: "È vietato adibire al lavoro le donne: ... c) durante i
tre mesi dopo il parto" non consentirebbe di assicurare efficacemente
la tutela predetta del minore e della famiglia nel caso di parti
prematuri in cui, grazie all'attuale sviluppo della scienza medica,
è possibile la sopravvivenza di feti nati prematuramente e assistiti
da una lunga permanenza in incubatrice.
Nel caso di specie, quindi, l'obbligatorietà della decorrenza
dell'astensione dal lavoro dalla data del parto, avrebbe comportato
che la stessa si sarebbe esaurita prima dell'ingresso del bambino in
famiglia, sicché la madre non sarebbe stata in grado di beneficiare
in modo effettivo della tutela legale.
Osserva, da ultimo, il rimettente che gli interessi della madre e
del minore non possono dirsi efficacemente salvaguardati
dall'esistenza di altri istituti, come l'astensione facoltativa
prevista dalla stessa legge, atteso che l'esaurimento anticipato
dell'astensione obbligatoria riduce la durata complessiva della
tutela, proprio in un caso meritevole, caratterizzato da un lato dai
rischi che presenta il bambino nato prematuro in relazione al suo
sviluppo neuropsichico e affettivo e, dall'altro, dalla situazione
della madre dopo l'esperienza traumatizzante dell'interruzione
prematura della gravidanza e il distacco dal bambino nel periodo di
ricovero di questi in ospedale.
2. - Si è costituito, nel presente giudizio, l'Istituto Nazionale
della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) con atto di intervento depositato
fuori termine, chiedendo che la questione venga dichiarata
inammissibile o infondata.

Considerato in diritto

1. - La questione sottoposta dal pretore di Bergamo, in funzione di
giudice del lavoro, a questa Corte, concerne la legittimità
costituzionale con riferimento agli artt. 3, 29, primo comma, 30,
primo comma, 31 e 37 della Costituzione dell'art. 4, primo comma,
lett. c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle
lavoratrici madri) in quanto la disposizione censurata, vietando
espressamente di adibire al lavoro le donne durante i tre mesi dopo
il parto, violerebbe il principio della parità di trattamento tra le
fattispecie di parto a termine e di quello prematuro, in quanto
sarebbe adeguatamente tutelato solo il primo e non anche il secondo.
Sarebbe altresì pregiudicato il valore costituzionale della
protezione della famiglia e quello della tutela del minore, atteso
che la disposizione denunciata non consentirebbe, nel caso di parto
pretermine, la "frazionabilità" del periodo di astensione
obbligatoria e la decorrenza di parte della stessa dalla data di
ingresso del bambino nella famiglia o quanto meno dalla data prevista
del parto, anziché da quella reale, così da consentire un'adeguata
tutela della puerpera.
2. - La questione è fondata.
3. - visualizza testo argomento Giova premettere che la lavoratrice madre è destinataria di
una specifica legislazione protettiva, che trova ampia
giustificazione nelle norme costituzionali di cui agli artt. 3,
secondo comma, 4, 31, 32 e 37 della Costituzione. Il nostro
ordinamento giuridico risulta inoltre integrato dalle fonti normative
comunitarie e internazionali dirette ad una incisiva tutela degli
interessi sia delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento (Direttiva del Consiglio, 19 ottobre 1992, n. 92/1985,
recepita con il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645), sia
del figlio (Convenzione di New York del 1989 sui diritti del
fanciullo resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176).In questo quadro, l'istituto dell'astensione obbligatoria dal
lavoro post partum previsto dalla norma impugnata - come osservato
dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 332 del 1988 e n. 1
del 1987) - oltre ad essere volto a tutelare la salute della donna,
considera e protegge il rapporto che, in tale periodo,
necessariamente si instaura tra madre e figlio, anche in riferimento
alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono decisive
sia per un corretto sviluppo del bambino, sia per lo svolgimento del
ruolo della madre.
4. - visualizza testo argomento L'art. 4, primo comma, della legge n. 1204 del 1971, nel
prevedere due periodi di astensione obbligatoria (uno anteriore e uno
posteriore al parto) contiene una formulazione letterale che appare
rigidamente determinata sia in ordine alla durata, che alla
decorrenza. Ciò è confermato dall'art. 6 del d.P.R. 25 novembre
1976, n. 1026 (Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre
1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri) che individua
nel giorno successivo al parto il dies a quo del secondo periodo di
astensione dal lavoro; ma tale rigidità rivela aspetti irragionevoli
in relazione a casi di parto prematuro.
In questa ipotesi è notoriamente indispensabile che il bambino -
per un periodo talvolta lungo - sia affidato alle cure di specialisti
ed all'apparato sanitario, mentre la madre, una volta dimessa e pur
in astensione obbligatoria dal lavoro, non può svolgere alcuna
attività per assistere il figlio ricoverato nelle strutture
ospedaliere; ed è invece obbligata a riprendere l'attività
lavorativa quando il figlio deve essere assistito a casa. È pertanto
innegabile che detta situazione contrasti sia col principio della
parità di trattamento, sia col valore della protezione della
famiglia e con quello della tutela del minore, con violazione dei
parametri costituzionali invocati. Va pertanto dichiarata
l'incostituzionalità della norma censurata.
5. - È appena il caso di accennare che da tempo è stata rilevata
l'incongruenza della disposizione in parola nell'ipotesi di parto
prematuro, e si propongono diverse soluzioni con specifico riguardo
alla decorrenza del periodo di astensione, spostandone l'inizio o al
momento dell'ingresso del neonato nella casa familiare, o alla data
presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale; la prima
soluzione è analoga a quella relativa all'ipotesi di affidamento
preadottivo del neonato (sentenza n. 332 del 1998). La seconda è
parsa meritevole di essere seguita dal disegno di legge n. 4624 che
detta "Disposizioni per sostenere la maternità e la paternità e per
armonizzare i tempi di lavoro, di cura e della famiglia" presentato
dal Governo alla Camera dei Deputati in data 3 marzo 1998.
visualizza testo argomento La scelta fra le diverse possibili soluzioni spetta al legislatore.Peraltro, accertata l'illegittimità costituzionale della norma, in
assenza di intervento legislativo sarà il giudice a individuare nel
complessivo sistema normativo la regola idonea a disciplinare la
fattispecie in conformità dei principi indicati (sentenze n. 347
del 1998 e n. 295 del 1991).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma,
lettera c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle
lavoratrici madri) nella parte in cui non prevede per l'ipotesi di
parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo
dell'astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela
della madre e del bambino.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.

Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola

 
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