Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0127 del 2002 inserita nel sistema il 9/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di rigetto
Disposizione oggetto: legge 257/1992 art.13 comma 8:
-Argomento letterale (considerazioni di ordine sintattico grammaticale)
-Argomento teleologico (ipotesi del legislatore provvisto di fini)

N. 127
SENTENZA 11 - 22 aprile 2002.
Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 17 del 24 aprile 2002

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8,
della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione
dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'art. 1, comma 1, del
decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i
lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni,
nella legge 4 agosto 1993, n. 271, promosso con ordinanza emessa il
10 novembre 2000 dal Tribunale di Treviso nel procedimento civile
vertente tra Andreazza Giancarlo ed altri e le Ferrovie dello Stato
S.p.a. ed altro, iscritta al n. 828 del registro ordinanze 2000 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1 serie
speciale, dell'anno 2001.
Visti gli atti di costituzione di Andreazza Giancarlo ed altri,
delle Ferrovie dello Stato S.p.a. e dell'I.N.P.S. nonché l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 18 dicembre 2001 il giudice
relatore Massimo Vari;
Uditi gli avvocati Michele Miscione per Andreazza Giancarlo ed
altri, Roberto Pessi per le Ferrovie dello Stato S.p.a., Carlo De
Angelis per l'I.N.P.S. e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso da taluni dipendenti
delle Ferrovie dello Stato S.p.a., al fine di ottenere, nei confronti
del proprio datore di lavoro e dell'I.N.P.S., l'accertamento del
diritto al beneficio previdenziale previsto dall'art. 13, comma 8,
della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione
dell'impiego dell'amianto), il Tribunale di Treviso, con ordinanza
del 10 novembre 2000, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale del menzionato
art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, come modificato
dall'art. 1, comma 1, del d.l. 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni
urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con
modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271.
La norma censurata stabilisce, in favore dei lavoratori esposti
all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, che "l'intero
periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie professionali derivanti da esposizione all'amianto, gestita
dall'I.N.A.I.L., è moltiplicato, ai fini delle prestazioni
pensionistiche, per il coefficiente 1,5".
Secondo il rimettente, la "interpretazione letterale" della
disposizione induce a ritenere che detto beneficio sia riservato "ai
lavoratori dipendenti da aziende private" e "non sia estensibile ai
dipendenti delle FF.SS. S.p.A." e ciò "quanto meno per il periodo
antecedente al primo gennaio 1996, data in cui la gestione
dell'assicurazione contro le malattie per i dipendenti delle FF.SS.
passò all'I.N.A.I.L.".
In tal senso depone, ad avviso del giudice a quo non solo il
riferimento al periodo di lavoro soggetto all'assicurazione
obbligatoria contro le malattie da amianto gestita dall'I.N.A.I.L.,
"ma anche l'intero contesto dell'articolo in esame", considerato, in
particolare, che il successivo comma 10 "impone alle imprese
(private) l'obbligo di versare all'I.N.P.S. (gestione di cui
all'art. 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88 ...) un contributo per
ogni dipendente che abbia fruito del pensionamento anticipato".
È da ritenere, pertanto, che la disposizione censurata riguardi
esclusivamente i lavoratori iscritti all'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti gestita
dall'I.N.P.S. "e non anche i lavoratori iscritti ad altri fondi
pensione e, in particolare, al fondo pensione istituito con legge
n. 418 del 1908 per i ferrovieri cui i ricorrenti erano iscritti alla
data di entrata in vigore della legge n. 257 del 1992".
In virtù di "tale necessaria interpretazione dell'art. 13, comma
8", il giudice a quo reputa vulnerato l'art. 3 della Costituzione,
per la "irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori
dipendenti di imprese private e lavoratori dipendenti di imprese non
private a fronte di una identica situazione di prolungata esposizione
all'amianto".
Quanto alla rilevanza della questione, essa emerge, secondo
l'ordinanza, "dal fatto che la interpretazione letterale e
sistematica" della disposizione denunciata "comporta la esclusione
dei ricorrenti dal godimento dei benefici contributivi ivi previsti
per l'intero periodo lavorativo soggetto all'esposizione all'amianto
o, quanto meno, per la gran parte di esso".
2. - Si sono costituiti, fuori termine, Andreazza Giancarlo ed
altri, ricorrenti del giudizio a quo.
3. - Si sono, inoltre, costituite le altre parti del giudizio
principale e cioè le Ferrovie dello Stato S.p.a. - Società di
trasporti e Servizi per Azioni, nonché l'I.N.P.S..
3.1. - Le Ferrovie dello Stato S.p.a. hanno concluso, in via
pregiudiziale, per "la restituzione degli atti al giudice rimettente
perché verifichi nuovamente e motivi sulla rilevanza della
questione", e, in via subordinata, per "la dichiarazione di
inammissibilità o di manifesta infondatezza della questione"
medesima.
Quanto al merito, la memoria sostiene l'inapplicabilità, già in
base al dato letterale, della disposizione ai dipendenti delle
Ferrovie dello Stato S.p.a., essendo (come, peraltro, ritenuto in una
nota del Ministro del tesoro del 23 gennaio 1996) i benefici previsti
dalla legge n. 257 del 1992 riservati ai lavoratori dell'amianto del
settore privato, iscritti all'assicurazione generale obbligatoria
gestita dall'I.N.P.S..
Ad avviso della parte, si tratta di una interpretazione coerente
con la ratio della disposizione denunciata, da ravvisarsi
nell'intenzione del legislatore di beneficiare il settore
privatistico, "maggiormente esposto al problema amianto proprio per
la soppressione di molteplici lavorazioni con gravi conseguenze sui
lavoratori"; rischio estraneo al "personale appartenente al settore
pubblico, o comunque ad esso connesso in qualche modo", come il
personale delle Ferrovie dello Stato, godendo questo di una "maggiore
tutela di ricollocazione nel caso di soppressione dell'attività a
cui era addetto".
Nel rammentare, poi, che il personale dipendente dalle FF.SS. è
assicurato all'I.N.A.I.L. soltanto dal 1 gennaio 1996 ed iscritto al
Fondo speciale gestito dall'I.N.P.S. a decorrere dall'aprile 2000, la
parte costituita ribadisce l'inapplicabilità dell'art. 13, comma 8,
della legge n. 257 del 1992 al predetto personale anche in forza di
una "esegesi sistematica e complessiva" della medesima norma, il cui
comma 10 "fa riferimento ad un meccanismo che coinvolge
esclusivamente le imprese del settore privatistico"; sicché, per
l'"inequivocabile ed espresso il richiamo all'I.N.P.S. quale soggetto
passivo delle prestazioni pensionistiche erogate ai lavoratori che
siano ammessi al pensionamento anticipato", è giocoforza "ritenere
che la disciplina non si applichi ai dipendenti delle FF.SS. (e a
tutti quelli all'epoca iscritti ad altri fondi di previdenza diversi
dall'I.N.P.S.)".
Ciò, peraltro, in armonia con la già evidenziata ratio della
legge n. 257 del 1992, confortata, altresì, dalla circostanza che
gli effettivi destinatari del beneficio "erano stati quantificati in
circa 1200 in fase di discussione parlamentare e per tale numero era
stata reperita la copertura finanziaria ex art. 81 Cost.", laddove
una diversa ed estensiva interpretazione "consentirebbe di attribuire
il beneficio ad una platea anche centinaia di volte più grande".
Nel sostenere, poi, che "nessun argomento in senso contrario"
alle precedenti considerazioni può trarsi dalla sentenza n. 5 del
2000 della Corte costituzionale, la parte costituita esclude, in
definitiva, che possa ravvisarsi il prospettato contrasto con
l'art. 3 della Costituzione, in quanto la disposizione censurata
individua "una precisa e definita categoria di imprese e di
lavoratori addetti alle medesime", secondo la finalità di favorire
detta categoria di lavoratori, "in ragione della particolare
situazione occupazionale determinata dal divieto di utilizzazione
dell'amianto che ha interessato le imprese cui appartenevano i
lavoratori stessi".
3.2. - L'I.N.P.S., nel concludere per l'inammissibilità o, in
subordine, per l'infondatezza della questione, sostiene, anzitutto,
che l'ordinanza di rimessione è generica, giacché "non precisa, per
ogni lavoratore, il periodo di esposizione all'amianto ... né se il
lavoratore era pensionato o meno all'entrata in vigore della legge
n. 257 del 1992".
Nel merito, la memoria rileva, da un lato, che, nel censurato
art. 13, sussiste "una stretta correlazione tra lavoratori esposti
all'amianto e l'assoggettamento per il periodo di esposizione
all'assicurazione gestita dall'I.N.A.I.L. di cui al comma 8", e,
dall'altro, che lo stesso I.N.A.I.L. gestisce l'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali dei
dipendenti delle Ferrovie dello Stato soltanto dal 1 gennaio 1996.
Non può, dunque, ritenersi, ad avviso della parte,
costituzionalmente illegittima la disposizione denunciata "per detto
collegamento operato dal legislatore, essendo rimessa
l'individuazione dei beneficiari della normativa alla sua
discrezionalità". Peraltro, la circostanza che il beneficio sia
stato limitato "soltanto a particolari categorie" si giustifica in
quanto trattasi di norma eccezionale, che comporta oneri a carico del
bilancio dello Stato (come si evince dal comma 12 dello stesso
art. 13).
4. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata
inammissibile, come da ordinanza n. 7 del 2000 della Corte
costituzionale, e, comunque, infondata.
5. - In prossimità dell'udienza hanno depositato memorie
illustrative le Ferrovie dello Stato S.p.a. e l'I.N.P.S., nonché
l'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri.
5.1. - Le Ferrovie dello Stato S.p.a., a conferma delle
conclusioni già rassegnate, ribadiscono che il denunciato art. 13,
comma 8, "ben può essere interpretato come una norma che partecipa
della medesima ratio del provvedimento che la contiene: ossia il
massimo contenimento del c.d. danno occupazionale discendente
dall'eliminazione dal ciclo produttivo dell'amianto e, dunque, dalla
chiusura ovvero riconversione delle aziende che lo estraevano e lo
trattavano direttamente".
Ove, invece, si volesse individuare la ratio della norma
censurata e dell'intera legge n. 257 del 1992 non già nella volontà
di impedire un danno occupazionale correlato alla imposta dismissione
dell'amianto, bensì "nell'intento di risarcire un danno alla
salute", la memoria sostiene che "si delineerebbero scenari piuttosto
vasti di irrazionalità del complessivo impianto normativo della
stessa legge n. 257 del 1992". Peraltro, nel supporre l'immanenza
nella legge in parola di una finalità risarcitoria, si
"accrediterebbe un singolare schema di assicurazione sociale, che
interverrebbe non già a copertura di un danno, bensì della sua mera
potenzialità".
Ed ancora, si rileva nella memoria, detta interpretazione
creerebbe una intollerabile disparità di trattamento "in materia di
salute" in danno di coloro che, pur esposti all'amianto per oltre un
decennio, siano andati in pensione con il massimo della contribuzione
e, quindi, "impossibilitati a fruire della supervalutazione prevista
dal comma 8 dell'art. 13"; non senza tacere, poi, che l'attribuzione
di una finalità risarcitoria alla disposizione denunciata
"comporterebbe gravi implicazioni in punto di (insufficiente)
copertura finanziaria" per l'attuazione della norma medesima.
Ad avviso della parte costituita, il censurato art. 13, comma 8,
appartiene, dunque, "al campo della previdenza", avendo come
presupposto l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, e non può
ad esso attribuirsi un contenuto "risarcitorio (del danno alla
salute)"; la norma tutela, infatti, il "danno all'occupazione" ed il
suo destinatario può essere considerato "solo chi è stato espulso
dal mercato del lavoro a causa della dismissione dell'amianto".
Sotto diverso profilo, la memoria assume che il tertium
comparationis individuato dal rimettente appare "assolutamente
inidoneo" a fondare la prospettata incostituzionalità, giacché "i
settori lavorativi "privato" e "non privato" costituiscono situazioni
soggettivamente ed oggettivamente diversificate".
5.2. - L'I.N.P.S., reiterando, preliminarmente, l'eccezione di
inammissibilità della questione e, in ogni caso, insistendo per la
sua infondatezza, sostiene che le disposizioni contenute nell'art. 13
della legge n. 257 del 1992, e successive modificazioni, rispondono
"allo scopo precipuo di accelerare il pensionamento dei lavoratori
esposti al rischio" dell'amianto e che, segnatamente, il comma 8 del
citato art. 13 è finalizzato "al più rapido conseguimento del
trattamento economico previdenziale sostitutivo della retribuzione",
la quale "difficilmente potrebbe essere mantenuta attraverso utile
reimpiego" dei lavoratori esposti all'amianto.
Tanto premesso, la parte costituita assume che i lavoratori delle
Ferrovie dello Stato, "fintanto che erano tutelati con rapporto di
pubblico impiego, avevano la garanzia della stabilità del posto di
lavoro in quanto sostanzialmente pubblici dipendenti" e ciò "spiega
perché i benefici di cui al citato art. 13 riguardano i lavoratori
del settore privato ed iscritti all'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, che
avrebbero potuto subire conseguenze negative sotto il profilo
occupazionale dall'entrata in vigore della legislazione che ha
vietato l'uso dell'amianto".
Peraltro, anche se si intendesse applicare la norma denunciata al
dipendenti delle Ferrovie dello Stato "con retroattività
dall'avvenuta privatizzazione, nessun lavoratore potrebbe rientrare
nell'esposizione ultradecennale", giacché il divieto di utilizzo
dell'amianto è reso operativo, a mente dell'art. 1, comma 2, della
legge n. 257 del 1992, a decorrere da 365 giorni dalla data di
entrata in vigore della legge medesima.
5.3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, nel concludere
per la manifesta infondatezza della sollevata questione, rileva che
"il differente regime previdenziale dei ferrovieri (iscritti al fondo
pensioni con onere a carico delle FF.SS. e dello Stato) e dei
dipendenti privati (iscritti all'I.N.P.S.) non legittima il dubbio di
costituzionalità", non potendo ravvisarsi violazione del principio
di eguaglianza nel raffronto tra regimi previdenziali diversi, né
potendosi estendere "a favore dell'una le provvidenze dettate per
l'altra" categoria.
Sostiene, ancora, la difesa erariale che in presenza di un
tertium comparationis che ha natura di norma eccezionale, derogatoria
alla regola generale desumibile dal complesso sistema normativo, non
può utilmente invocarsi il principio di eguaglianza, risultando
così "inammissibile la estensione ad altre ipotesi", ove, peraltro,
"la mancata estensione di un beneficio non può di per sé costituire
offesa al dettato costituzionale".

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Treviso ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge
27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego
dell'amianto), come modificato dall'art. 1, comma 1, del d.-l.
5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del
settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, nella legge
4 agosto 1993, n. 271.
La disposizione stabilisce che, "per i lavoratori che siano stati
esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero
periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie professionali derivanti da esposizione all'amianto gestita
dall'I.N.A.I.L., è moltiplicato, ai fini delle prestazioni
pensionistiche, per il coefficiente 1,5".
Ad avviso del rimettente, la norma censurata, "nella parte in cui
non prevede l'applicabilità del beneficio pensionistico ivi
contemplato ai lavoratori dipendenti delle FF.SS. S.p.a.", violerebbe
l'art. 3 della Costituzione, introducendo "una irragionevole
disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti di imprese
private e lavoratori dipendenti di imprese non private a fronte di
una identica situazione di prolungata esposizione all'amianto".
2. - In via preliminare deve essere rilevata la tardività e,
perciò, l'inammissibilità della costituzione di Andreazza Giancarlo
ed altri, ricorrenti del giudizio a quo effettuata con memoria
depositata oltre il termine stabilito dagli artt. 25, secondo comma,
della legge n. 87 del 1953, e 3 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
3. - Sempre in via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di
inammissibilità sollevate dalle parti costituite, le quali adducono
un difetto di motivazione dell'ordinanza di rimessione in punto di
rilevanza: mentre, secondo l'I.N.P.S., sarebbe assente ogni
riferimento specifico alle singole posizioni dei lavoratori
interessati al beneficio previsto dalla disposizione censurata, ad
avviso delle Ferrovie dello Stato non sarebbe possibile la verifica
sulla "necessaria pregiudizialità logico-giuridica della questione
sollevata rispetto alle domande svolte dai lavoratori" nel giudizio
principale.
Le eccezioni non possono trovare accoglimento.
Infatti, come si rileva dall'ordinanza di rimessione, il giudice
a quo non solo ha fornito, sia pure sinteticamente, i necessari
elementi di descrizione della fattispecie sottoposta alla sua
cognizione, precisando che i ricorrenti sono tutti dipendenti delle
Ferrovie dello Stato S.p.a., assegnati a vari impianti e mansioni, ma
ha anche plausibilmente motivato sull'applicabilità, nel giudizio
principale, della norma denunciata, che ha per oggetto l'accertamento
del diritto dei ricorrenti stessi al beneficio previsto dalla norma
medesima. Il che consente, perciò, di apprezzare adeguatamente la
sussistenza del nesso di pregiudizialità tra il proposto incidente
di costituzionalità e il giudizio a quo.
4. - Nel merito la questione non è fondata.
Questa Corte, con la sentenza n. 5 del 2000, ha già avuto modo
di affrontare, sebbene sotto profili diversi da quello attualmente
all'esame, lo scrutinio di costituzionalità dell'art. 13, comma 8,
anche ora denunciato, dichiarando non fondate le censure allora
sollevate, le quali prospettavano il contrasto della menzionata
disposizione con gli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione,
a motivo della asserita indeterminatezza, oggettiva e soggettiva,
della fattispecie legale attributiva del beneficio della
rivalutazione dei periodi assicurativi.
In quell'occasione si è evidenziato, che visualizza testo argomento la norma censurata -
nel testo risultante dalla soppressione (operata in sede di
conversione in legge del decreto-legge n. 169 del 1993) della
locuzione "dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o
utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di
dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o
dismesse" - conferisce essenziale rilievo, "ai fini dell'applicazione
del beneficio previdenziale, all'assoggettamento dei lavoratori
all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
derivanti dall'amianto, escludendo, al tempo stesso, ogni selezione
che possa derivare dal riferimento alla tipologia dell'attività
produttiva del datore di lavoro".
Coerentemente con tale conclusione, che trova conferma proprio
nelle vicende normative che hanno preceduto l'approvazione del testo
attuale del comma 8 dell'art. 13, visualizza testo argomento lo scopo della disposizione
medesima è stato rinvenuto "nella finalità di offrire, ai
lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo
(almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza
invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano
potenzialità morbigene".
E ciò attraverso un precetto ritenuto da questa Corte
"adeguatamente definito negli elementi costitutivi della fattispecie
che ne è oggetto e congruamente correlato allo scopo che il
legislatore si è prefisso", ove si consideri il rapporto che,
nell'ambito della stessa disposizione, è dato rinvenire tra il dato
di riferimento temporale e la nozione di rischio morbigeno,
caratterizzante il sistema della assicurazione obbligatoria gestita
dall'I.N.A.I.L..
Un rischio che, in materia di prevenzione da esposizione
all'amianto, il legislatore ha individuato in forza dei criteri posti
dal decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (e successive
modificazioni).
5. - Così definite portata e finalità del precetto sospettato
di incostituzionalità, va osservato che il rimettente, nel sollevare
la questione, muove dal presupposto che la norma denunciata riservi
il beneficio pensionistico della rivalutazione dei periodi
assicurativi "ai lavoratori dipendenti da aziende private", senza
possibilità di estensione ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato;
e ciò "quanto meno per il periodo antecedente al primo gennaio
1996", data in cui la gestione dell'assicurazione infortuni, per
detti dipendenti, passò all'I.N.A.I.L..
In tal senso deporrebbe, secondo il giudice a quo non solo il
riferimento al periodo di lavoro soggetto all'assicurazione
obbligatoria contro le malattie da amianto gestita dall'I.N.A.I.L.,
"ma anche l'intero contesto dell'articolo in esame", e, segnatamente,
il successivo comma 10 che "impone alle imprese (private) l'obbligo
di versare all'I.N.P.S. (gestione di cui all'art. 37 della legge
9 marzo 1989, n. 88 ...) un contributo per ogni dipendente che abbia
fruito del pensionamento anticipato". Donde la conclusione, trattane
dal giudice a quo dell'esclusiva pertinenza del beneficio
previdenziale in esame ai lavoratori iscritti all'assicurazione
generale obbligatoria gestita dall'I.N.P.S. e non già, anche, ai
"lavoratori iscritti ad altri fondi pensione e, in particolare, al
fondo pensione istituito con legge n. 418 del 1908 per i ferrovieri",
soppresso soltanto dal 1 aprile 2000, in forza dell'art. 43 della
legge n. 488 del 1999.
Detto assunto va considerato, però, tutt'altro che pacifico,
essendo frutto di una non adeguata indagine sulla ratio della
disposizione denunciata.
Indagine tanto più necessaria ove si consideri non solo
l'assenza, nel caso specifico, di diritto vivente, ma anche
l'esigenza, evidenziata dalla costante giurisprudenza di questa
Corte, di una doverosa ricerca, tra più soluzioni interpretative
possibili, di quella costituzionalmente adeguata, posto che
l'incostituzionalità di una disposizione può dichiararsi soltanto
ove sia impossibile darne una interpretazione costituzionale e non
già perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali.
6. - In questa prospettiva, occorre rilevare che
l'interpretazione adottata dal giudice a quo non risulta essere
l'unica possibile, militando per una diversa lettura della
disposizione censurata plurimi elementi esegetici, i quali portano a
ritenere che essa sia volta a tutelare, in linea generale, tutti i
lavoratori esposti all'amianto, in presenza, beninteso, dei
presupposti fissati dalla disposizione stessa, secondo quanto
evidenziato dalla già ricordata sentenza di questa Corte n. 5 del
2000. Presupposti richiesti proprio perché la legge n. 271 del 1993
ha voluto tener conto della capacità dell'amianto di produrre danni
sull'organismo in relazione al tempo di esposizione, sì da
attribuire il beneficio della maggiorazione dell'anzianità
contributiva in funzione compensativa dell'obiettiva pericolosità
dell'attività lavorativa svolta.
Obiettiva pericolosità che indubbiamente non manca anche
nell'ambito del servizio ferroviario, ove l'eliminazione e lo
smaltimento del materiale rotabile contenente amianto, già
esplicitamente incluso tra i prodotti la cui produzione e
commercializzazione erano destinate, sia pure gradualmente, a cessare
(lettera d) della tabella allegata alla legge n. 257 del 1992), si
pone, tuttora, come problema di non secondaria importanza (cfr. il
"Secondo addendum al contratto di programma tra Ministro dei
trasporti e le Ferrovie dello Stato S.p.a. 1994-2000", di cui alla
deliberazione 22 giugno 2000 del CIPE).
7. - Così individuata la causa giustificativa della norma
denunciata, non corretta appare, anzitutto, la qualificazione, da
parte del giudice a quo dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato
come dipendenti di "imprese non private", senza, con ciò, avvedersi
che, alla data di entrata in vigore della disposizione denunciata
(frutto della modifica apportata, all'art. 13, comma 8, della legge
n. 257 del 1992, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, di conversione
del d.l. n. 169 del 1993), l'Ente cui essi appartenevano (istituito
dalla legge n. 210 del 1985, in luogo della già Azienda autonoma
delle Ferrovie dello Stato) era stato trasformato in società per
azioni, in virtù della delibera CIPE del 12 agosto 1992:
trasformazione che, come anche rilevato da questa Corte (sentenza
n. 179 del 1996), ha dato luogo ad un "organismo societario
privatistico (sia pure a configurazione speciale)".
Inoltre, anche se, come ricorda il rimettente, il personale
ferroviario è stato assicurato presso l'I.N.A.I.L. soltanto dal 1
gennaio 1996, in forza dell'art. 2, comma 13, del decreto-legge
n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 del 1996, non può
ignorarsi che la stessa disposizione ha posto a carico
dell'I.N.A.I.L., a decorrere sempre dal 1 gennaio 1996, tutte le
prestazioni, comprese quelle relative agli eventi infortunistici e
alle manifestazioni di malattie professionali verificatisi entro il
31 dicembre 1995 e non ancora definiti, essendo all'uopo contemplato,
dal successivo comma 15, l'obbligo delle Ferrovie dello Stato S.p.a.
di versare all'I.N.A.I.L. una riserva matematica per il pagamento di
tutte le predette prestazioni.
Un'ipotesi, questa, di rapporto successorio ex lege che ha avuto
come esito, da un lato, il venir meno della posizione delle Ferrovie
dello Stato quale ente assicuratore contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali del personale dipendente, e, dall'altro, la
concentrazione in capo all'I.N.A.I.L. della relativa gestione
assicurativa, essendo a suo carico, a partire dal 1 gennaio 1996, non
soltanto le prestazioni dovute per gli eventi insorti dopo detta
data, ma anche quelle relative ad eventi pregressi, se non definiti
entro il 31 dicembre 1995.
E ciò senza trascurare che anche in precedenza il personale
ferroviario, benché escluso, per effetto dell'art. 127 del d.P.R.
n. 1124 del 1965 (ora abrogato dall'art. 53, comma 7, della legge
n. 449 del 1997), dalla gestione assicurativa I.N.A.I.L., fruiva, con
erogazione a diretto carico delle Ferrovie dello Stato, di una tutela
assicurativa contro gli infortuni corrispondente a quella contemplata
dallo stesso decreto.
Non può, infine, convenirsi sul peso che il rimettente tende ad
annettere, sul piano sistematico, al disposto del comma 10
dell'art. 13 della legge in esame, che imponendo l'obbligo di versare
all'I.N.P.S. uno specifico contributo per ogni dipendente che abbia
fruito del pensionamento anticipato, conforterebbe la tesi che il
beneficio di cui al comma 8 denunciato riguardi i lavoratori iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'I.N.P.S..
A tacer del fatto che, dal 1 aprile 2000, la gestione
pensionistica del personale delle Ferrovie dello Stato è stata
affidata all'I.N.P.S., presso il quale ente è istituito un apposito
Fondo, con contestuale soppressione di quello istituito con legge
n. 418 del 1908 (art. 43 della legge n. 488 del 1999), l'argomento
addotto dal giudice a quo pretermettendo, ancora una volta, la dovuta
considerazione della ratio della norma censurata, non tiene
adeguatamente conto del fatto che come rilevato, del resto, dalla
stessa giurisprudenza ordinaria non può essere certo la diversità
dell'onere contributivo per le imprese e finanziario per gli istituti
previdenziali, risultante dal menzionato comma 10 dell'art. 13, a
costituire, di per sé, un elemento interpretativo per escludere la
spettanza del beneficio stesso anche in favore di lavoratori iscritti
a gestioni previdenziali diverse dall'I.N.P.S..
8. - Alla luce delle motivazioni che precedono, la disposizione
denunciata si presta, dunque, ad essere interpretata in modo diverso
da quello prospettato dal rimettente, consentendo in particolare di
ricomprendere nel previsto beneficio previdenziale anche i lavoratori
delle Ferrovie dello Stato, beninteso, in presenza dei richiesti
presupposti, attinenti, segnatamente, all'esposizione ultradecennale
all'amianto, alla soggezione all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto e al
rischio morbigeno, secondo quanto innanzi già evidenziato.
Donde l'insussistenza del prospettato vulnus all'art. 3 della
Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato
dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169
(Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto),
convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271,
sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal
Tribunale di Treviso, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2002.

Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Vari
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 22 aprile 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola

 
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